Senza valutare il buco terrificante prodotto alle casse dello Stato dalle innumerevoli e ripetute frodi in capo all’attuazione dei progetti per l’ecobonus edilizio 110% (che tuttavia ammontano a oltre 12 miliardi di Euro) va detto, senza timore di smentite, che la spesa è, per lo Stato, completamente fuori controllo: circa 78 miliardi di euro in più rispetto alle stime iniziali per quanto riguarda i soli Bonus facciate e Superbonus 110%.
Il Bonus facciate, quello voluto da Dario Franceschini per abbellire i palazzi in centro, sarebbe costato 26 miliardi anziché i 5,9 miliardi stimati all’inizio. Il Superbonus, quello voluto da Giuseppe Conte per rifare le case “gratuitamente”, sarebbe costato (ad oggi) 93 miliardi anziché i 35 miliardi inizialmente previsti. Complessivamente, l’impatto sul bilancio statale di tutti i bonus edilizi dal 2020 ad agosto 2023 sarebbe di 149 miliardi di euro anziché i 71 miliardi indicati nelle relazioni tecniche di previsione dei provvedimenti in questione. Una cifra che ormai quasi raggiunge e spudoratamente i 190 miliardi previsti dai finanziamenti comunitari dedicati al nostro Paese (il cosiddetto Pnrr) per superare la grave crisi prodotta dalla pandemia. Un vero e proprio “bagno di sangue” per i nostri conti pubblici se é vero, come é vero, che la spesa complessiva dei bonus edilizi, sotto forma di sgravi fiscali e anticipazioni bancarie per le imprese, raggiungono gli importi che riceveremo dall’Europa per il Pnrr che, come sappiamo, è un piano di spesa almeno diluito su un arco temporale più ampio. Si tratta, a tutti gli effetti, di una catastrofe contabile provocata da un meccanismo incontrollato di crediti fiscali che come una talpa ha scavato sotterraneamente, provocando voragini nel bilancio dello stato.
Pur non considerando questi dati ufficiosi, ma rimanendo ai numeri ufficiali depositati a maggio dal Mef in audizione alla Camera, quando la differenza di impatto della spesa si discostava di “soli” 45 miliardi di euro anziché degli attuali 71 miliardi, si vede come i bonus edilizi abbiano ipotecato se non il futuro del paese quantomeno la politica fiscale ed economica di questa legislatura. Secondo i dati del Mef, i bonus edilizi calcolati fino a maggio peseranno sul fabbisogno dello stato per 18,6 miliardi nel 2023; 22 miliardi nel 2024; 23,6 miliardi nel 2025; 24,5 miliardi nel 2026 (poi il costo scende notevolmente a 7 miliardi fino ad azzerarsi nel 2035). Si tratta di cifre impressionanti, circa 22 miliardi ogni anno (oltre 1 punto di Pil) nel periodo 2023-2026, quello in cui si concentrano le rate del Superbonus. E, ripetiamo, è un calcolo che si basa su un costo complessivo che nel frattempo sarebbe aumentato di altri 26 miliardi. In pratica il costo si avvicina a 30 miliardi l’anno, il valore di una manovra finanziaria. Per cinque anni.
Com’è stato possibile che la Ragioneria dello stato abbia così tragicamente sottovalutato le previsioni di spesa dell’Ecobonus? Probabilmente ha considerato l’evoluzione dei vecchi ecobonus, senza considerare che il combinato disposto dell’agevolazione fiscale al 100 per cento e della cedibilità del credito hanno cambiato notevolmente la struttura degli incentivi facendo esplodere la spesa. Ma era così difficile prevederlo? O era una banalità? Basti considerare che in quegli stessi mesi, prima dell’approvazione del Superbonus, l’Ufficio parlamentare di Bilancio (Upb) metteva in guardia i decisori politici sul rischio di sottovalutare i costi a fronte di storture così evidenti. Il problema è che l’Upb ha solo un ruolo consultivo, che i politici spesso ignorano, mentre la Ragioneria aveva e ha il potere attraverso la “bollinatura” di bloccare l’introduzione di spese senza coperture. In sostanza, il suo compito istituzionale è proprio quello di impedire al governo e al Parlamento l’approvazione di misure finanziarie senza le necessarie coperture economiche. E ciò appare quanto meno discutibile, se non inquietante, tenendo conto che il Ragioniere dello Stato, Biagio Mazzotta, che inizialmente aveva espresso seri dubbi sul Superbonus, provando anche ad opporsi all’approvazione di questo provvedimento, abbia poi ceduto – in un periodo critico come la crisi Covid – alle pressioni di Palazzo Chigi. Ma questa non può essere una giustificazione. E sarebbe scorretto, in questa fase a “bubbone scoppiato”, fare del Ragioniere un capro espiatorio. Perché le responsabilità maggiori di questo disastro sono del governo Conte in primo luogo e di quei partiti che hanno approvato a cuor leggero il Superbonus. Ma ci sono anche precise responsabilità dell’alta burocrazia che non possono essere nascoste o sottaciute. Che la Ragioneria abbia fallito clamorosamente nella sua missione lo ha confermato, seppure indirettamente, lo stesso Mazzotta che in audizione alla Camera ha detto che per il futuro “dotarsi di modelli di valutazione ex ante dell’impatto è fondamentale”. Giustissimo: ma era certamente fondamentale anche per il passato.
Ma questo precedente pone un problema di credibilità pure per il futuro. Se Mazzotta resta al suo posto è perché è un Ragioniere dello stato forte o debole? Dopo essersi piegato al governo Conte sul Superbonus, avrà la capacità di opporsi a eventuali forzature avanzate dal governo Meloni per superare questa situazione imbarazzante e oltremodo critica? O cosa saprà suggerire al nuovo esecutivo dopo aver avuto buona parte di responsabilità nell’attuale terremoto finanziario per le casse dello stato? E le forze politiche di opposizione, sino all’approvazione del prossimo bilancio prevista in Dicembre, avranno la capacità, il buon senso e il pudore necessario per evitare di raccontare frottole gigantesche sui risultati eccezionali prodotti dall’introduzione della misura dell’ecobonus sull’economia nazionale? Non vi é alcun dubbio sull’incremento delle attività delle imprese di costruzione nel periodo di vigenza dell’ecobonus. Ma a scapito di chi e di che cosa se é vero, come é vero, che non c’é alcun immobile degradato o particolarmente ammalorato che sia stato ristrutturato su tutto il territorio nazionale. Se é vero come é vero che solo gli edifici in buone condizioni hanno potuto godere di quegli interventi di efficientamento energetico che i proprietari, volendo, avrebbero potuto pagarsi personalmente. E non a spese dello stato. E quindi della collettività. Ed oggi siamo costretti a fare i conti (é proprio il caso di dire!) con buchi di bilancio che frenano irrimediabilmente le scelte di sviluppo effettive del nuovo governo a partire da quest’anno e per gli anni a venire.