L'ingresso della Corte dei Conti durante la cerimonia di parificazione del rendiconto generale dello Stato per lÂ?esercizio finanziario 2019, Roma 23 giugno 2020. ANSA/FABIO FRUSTACI

Pochi giorni fa è arrivata l’ennesima conferma. La Corte dei conti, nella sua relazione sulla gestione finanziaria degli enti locali, ha ufficializzato la seguente ripartizione pro capite della spesa sociale: Trento 584 euro, Veneto 244 euro, Campania 83 euro, Calabria 54,1 euro, Comuni della Puglia 66 euro. Di recente, l’Istat ha inoltre documentato come quasi il 30% dei Comuni del Mezzogiorno non fornisca agli anziani in condizioni di fragilità un servizio di assistenza domiciliare (al Centro sono meno del 15%, al Nord meno del 10%).

Cosa ci dicono queste e altre cifre che, per sinteticità di esposizione, evito di snocciolare? Ci dicono una cosa molto semplice: il mancato esercizio dei diritti di cittadinanza di cui sono vittime gli abitanti del Mezzogiorno non dipende dallo spreco di risorse. Non c’entrano né l’incapacità di gestirle, né i fenomeni corruttivi. Queste distorsioni non mancano, ma sono riscontrabili in tutto il Paese. Ma se tu distribuisci al Nord la carne del pollo e a Sud la pelle, è evidente che a Milano si stia meglio che a Napoli!

È chiaro che, a dirla così, può sembrare di banalizzare la questione. E allora restiamo alle cifre. Si stima che, per assicurare nel Mezzogiorno livelli essenziali di prestazioni pubbliche rese da tempo al Nord, ci vorrebbero circa 60 miliardi annui che lo Stato, ovviamente anche per motivi di cassa, continua a non erogare.

Il problema allora è: cosa facciamo? Continuiamo a lamentarci a pancia piena rivendicando altre risorse con l’autonomia differenziata (Nord) o cerchiamo finalmente di restituire al Sud, sia pure gradualmente, quello che fin dall’Unità d’Italia è mancato, ossia la parità di trattamento?