Sui Fondi del Pnrr le valutazioni dall’esterno devono, gioco forza, essere improntate a prudenza. Ma la dialettica in atto tra il Ministro per gli Affari europei e il Sud Raffaele Fitto e il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini merita considerazione.

I dati ufficiali dicono che, negli ultimi quindici anni, in Italia sono stati realizzati 1.300 chilometri di rete ferroviaria, con una media annua di 86 chilometri. Realizzarne in tre anni 500, appare un’impresa ardua. Eppure, nonostante le insistenze di Fitto, che sta approntando la revisione del Pnrr da porre all’approvazione di Bruxelles, Salvini non intende segnalare un numero maggiore di opere da depennare dal Piano, per essere poi finanziate con i fondi europei del ciclo 2021-2027.

Messa così, la querelle non avrebbe ragione di esistere, a meno che Salvini non dimostri, carte alla mano, di avere così elevato il ritmo di tali realizzazioni da potercela fare senza problemi. 

Come è noto, l’esigenza di passare dall’una all’altra fonte di finanziamento si pone a causa della scadenza perentoria stabilita per le opere del Pnrr: fine 2026. Se le risorse restano inutilizzate, si perdono.

In questa vicenda, in un modo o nell’altro, la vittima è, al solito, il Mezzogiorno. È nel Sud che è prevista la maggior parte delle opere infrastrutturali, ferroviarie in primis. Riuscire a completarle entro il 2026 significherebbe assicurare una grossa spinta al decollo economico e sociale dell’area. Se, peraltro, gli interventi riappostati sui fondi Ue venissero effettuati entro tempi ragionevoli – uno, due, massimo tre anni – il danno del rinvio sarebbe limitato, soprattutto laddove, nel frattempo, si ultimassero secondo scadenza le prime opere infrastrutturali targate Pnrr. 

Il rischio, purtroppo, è di fare un flop sia sull’uno che sull’altro fronte. Nel caso le opere restino inquadrate nel Pnrr, perché non si riuscirebbe a realizzarle e, nel frattempo, non sarebbero neppure state avviate con i fondi del ciclo europeo. L’andamento storico di tali fondi in Italia evidenzia, tuttavia, che gli interventi infrastrutturali hanno tempi lunghissimi, a volte vengono sostituiti da una miriade di iniziative di scarso o nullo impatto strutturale: quelle etichettate, negli anni scorsi, come progetti sponda.

Fidarsi di Fitto? Fidarsi di Salvini? Sarà bene che la Premier Giorgia Meloni assuma in prima persona l’impegno che queste opere vadano a buon fine. Non importa con quale modalità di finanziamento, purché si debba attendere un periodo ragionevolmente breve.