Lo scorso 9 agosto il Governo ha presentato alla Commissione europea la proposta di revisione del Pnrr. Si tratta di modifiche non da poco: sono escluse dal Piano 9 misure, per un totale di 15,9 miliardi. Secondo la Svimez, che ha esposto le sue analisi nel corso di un’audizione al Senato, quasi il 48% delle risorse relative agli interventi depennati riguarda il Sud. Parliamo di 7,6 miliardi.
Cosa dire? Dobbiamo innanzitutto interrogarci sul motivo della revisione. Sono eliminati dal Pnrr interventi che, per una ragione o per l’altra, erano a forte rischio di non poter essere realizzati nella scadenza prevista di fine 2026.
Secondo punto. D’accordo, meglio tardi che mai. Meglio, quindi, realizzare gli interventi con altri fondi, in primo luogo quelli europei del ciclo 2021-2027, piuttosto che fare flop, dover restituire i soldi alla Ue, fare una figuraccia mondiale.
Ma – e siamo al terzo punto – quali garanzie abbiamo che le opere stralciate non finiranno nel gran numero di incompiute che ha penalizzato nei decenni scorsi il nostro Paese, non solo il Sud?
Infine – quarto punto – che fine fanno le risorse risparmiate? A questo riguardo è bene che i politici meridionali si destino dal torpore e vigilino costantemente sull’andamento dell’operazione. Il nuovo Pnrr è accompagnato da un ulteriore capitolo, “REPowerEU, finalizzato ad accelerare la transizione energetica, superando la dipendenza dalla Russia. Risparmiando energia, migliorando l’efficienza energetica, diversificando l’approvvigionamento energetico, orientando la risposta al fabbisogno in direzione dell’utilizzo di energia pulita. Ebbene: sapete quale è la percentuale di risorse che andrebbero al Mezzogiorno? Meno del 30%!
In poche parole, su un fronte si perde il 46% (non il 48%, perché per un 2% i fondi sarebbero destinati alla Zes unica per il Mezzogiorno), dall’altro si dà meno del 30%. I conti non quadrano. Chi rappresenta gli interessi meridionali chieda spiegazioni!