Può darsi che siano stati ispirati dalle recenti evoluzioni dei Campi Flegrei. Fatto sta che, secondo autorevoli organi di stampa, al Ministero dell’Economia autorevolissimi collaboratori di Giancarlo Giorgetti, per spiegare la situazione di criticità cui sono giunti i conti pubblici, anche per effetto dell’incidenza dell’inflazione sul costo del debito, avrebbero affermato: siamo seduti su un vulcano ma, quando lo facciamo presente, continuano a guardarci increduli. I numeri della Nadef, la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, chiariscono i motivi delle preoccupazioni. Il costo degli interessi sul debito pubblico italiano, in appena sei anni, passerà dai 57 miliardi di euro del 2020 ai 103 del 2026. Tra gli effetti di questa voragine, c’è ad esempio che per quell’anno, che coincide con il termine ultimo per la realizzazione delle opere del Pnrr, la spesa sanitaria sarà di poco superiore a quella degli interessi, mentre nel 2020 era pari a più del doppio. Il guaio è che la spesa per interessi è l’unica che non si può ridurre, perché i debiti si pagano se non si vuole dichiarare bancarotta. La Nadef, per stabilizzare il debito (non ancora per ridurlo!) prevede una cura da cavallo. Non potendo evitare il pagamento delle pensioni, si dovrà procedere a una diminuzione media di circa il 10% per tutte le altre voci di spesa, dai redditi degli statali alla stessa sanità. Da tempo chi scrive indica nel Mezzogiorno l’unica vera voce per la quale erogare risorse, se ottimizzate, genererebbe un miglioramento in breve termine dei conti pubblici, grazie a potenzialità enormi di aumento dell’occupazione e del Pil, non presenti in altre aree. C’è ancora tempo per imboccare questa strada. Il Premier Meloni ponga fine alle richieste di postulanti di vario genere e rilanci l’Italia, grazie al nuovo grande motore produttivo chiamato Sud.