L’Italia ha un problema lavoro, che riguarda il Paese in generale, ma che è indubbiamente molto più serio per il Mezzogiorno.

Un elemento aggravante sta nel fatto che anche chi per formazione ha più opportunità non trova gli stessi sbocchi di altri paesi europei. Il tasso di occupazione dei laureati italiani da 30 a 34 anni è pari all’83,3%, quello medio dell’Unione Europea è dell’89,3%. Sei punti in più! Ma le cose stanno molto peggio per i giovani laureati meridionali da 30 a 34 anni, con un tasso del 69,9%.

Chi ha la laurea, anche al Sud, ha molte più chance di trovare lavoro, ma spesso l’occupazione, per profilo, non risponde al titolo conseguito, e nemmeno la retribuzione.

L’anomalia italiana, confermata dall’indagine Istat sui “Livelli di istruzione e ritorni occupazionali” per il 2022, prosegue se si guarda alla percentuale di giovani che raggiungono un titolo di studio terziario, vale a dire la laurea o un altro livello di formazione superiore. Solo il 27,4% dei 30-34enni sta in questa condizione, mentre la media europea è del 42%, e in Paesi come Francia e Spagna si raggiunge rispettivamente il 50,4 e il 50,5%. Se si prende a riferimento l’intera popolazione, i laureati italiani sono appena il 16,8% al Sud, il 21,2% al Nord, il 24,3% al Centro.

Clamoroso addirittura è il dato sull’occupazione femminile. In Italia le donne tra i 25 e i 34 anni in possesso di laurea sono i 35,5%, contro il 23,1% degli uomini. Ma, nonostante la differenza del livello di istruzione, il tasso di occupazione femminile è del 57,3%, a fronte del 78% di quello maschile. Con differenziali che aumentano considerevolmente in negativo per il Mezzogiorno.

Se il Paese vuole rilanciarsi, bisogna mettere fine a questa situazione, che pregiudica l’avvenire dei nostri giovani e delle nostre donne. Occorre una politica del lavoro e della formazione che segua le best practice di altri Paesi, aumentando ad esempio la disponibilità di corsi terziari di ciclo breve professionalizzanti. Ma occorre anche incentivare l’occupazione di chi ha livelli di istruzione più bassi. In quest’ultimo caso, serve strutturare pacchetti incentivanti per favorire l’apprendistato nei mestieri del Made in Italy, superando i gravi problemi di ricambio generazionale alla base del ridimensionamento dell’occupazione nell’artigianato verificatosi negli ultimi anni. Una strada, questa, che può consentire di recuperare tantissimi giovani che vivono in fasce di emarginazione sociale.