Ci sono tantissime cartelle esattoriali che lo Stato non riesce a riscuotere. Di recente sono state di fatto ‘stralciate’ dall’Agenzia delle Entrate Riscossione circa 36 milioni di cartelle di valore inferiore a mille euro. Di fatto cancellate, così come il relativo debito dei contribuenti verso l’erario. Ma questa è solo una parte molto ridotta rispetto all’insieme delle cartelle esattoriali rimanenti, che sono ben oltre i 170 milioni.

Nel Def, il Documento di economia e finanza approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso aprile, si evidenziava come la quota di tali cartelle notificata prima del 2015 ammontasse a circa il 60%. Si tratta, spesso, di partite giocate tra fisco e contribuenti che risalgono alla notte dei tempi. La macchina della riscossione agisce in troppi casi contro dei ‘fantasmi’, ossia persone decedute materialmente oppure soggetti fiscalmente fuori da qualsiasi possibilità di ottemperare a quanto richiesto, perché nel frattempo le loro attività sono cessate, magari per fallimento, e perché i loro patrimoni sono inconsistenti.

Se si vuole assicurare un salto di qualità alla lotta contro l’evasione, c’è bisogno che il fisco razionalizzi la sua ricerca. È necessario verificare rapidamente, magari anche sommariamente, se chi sta dall’altra parte è in grado di assolvere al suo dovere di contribuente, per poi passare rapidamente oltre, se il gioco non vale la candela. Il pragmatismo è necessario: basti pensare che, secondo stime accreditate, circa il 10 per cento degli introiti incamerati dall’azione fiscale viene utilizzato per le spese relative alle vertenze, in molti casi ultradecennali, con i cittadini.

Abbiamo avuto modo, già in altre occasioni, di rimarcare come la concentrazione degli sforzi sui cosiddetti grandi evasori permetterebbe di perseguire ‘a colpo sicuro’, ottenendo con ogni probabilità molto più di quanto si ricava da una vertenzialità parcellizzata. Ciò non significa legittimare parte dell’evasione, ma solo puntare nel frattempo ‘al risultato’, in attesa di migliorare un assetto generale che, al momento, ha risvolti kafkiani. Si calcola siano 1153 i miliardi del tutto irrecuperabili e che in queste situazioni siano coinvolti milioni di contribuenti.

La verità è che la pressione fiscale ha fatto in Italia più danni di quanto abbia prodotto, in incassi, per il bilancio dello Stato. Occorre ridurre gli oneri per la platea dei piccoli operatori e, per poterlo fare, bisogna ottenere di più da chi, non per sofferenza ma per sprezzo dei suoi doveri, continua a menare il can per l’aia.