Un emendamento al ‘Decreto Caivano’, voluto fortemente dal Ministro del Made in Italy Adolfo Urso, istituisce per il territorio una zona franca urbana. Lo scopo è di sostenere il tessuto economico e di favorire lo sviluppo di un’imprenditorialità sana, legale, trasparente. Per attrarre iniziative nell’area ci saranno quindi incentivi fiscali e contributivi. Il Governo Meloni sta seriamente adoperandosi per trasformare una zona diventata purtroppo simbolo dell’emarginazione sociale in un luogo di riscatto, non solo economico ma civile e culturale. È una metodologia che dovrebbe applicarsi anche altrove, riqualificando e promuovendo territori oggetto di degrado, attraverso l’assegnazione di risorse alle relative aree di crisi industriale.
La creazione di una zona franca urbana a Caivano, in questo scenario, è una ciliegina sulla torta tutt’altro che trascurabile. Un plauso, dunque, al Ministro Urso per la sensibilità che ha dimostrato e dimostra per l’intera area geografica partenopea, ma al tempo stesso un invito a proseguire in questa direzione soprattutto in altre zone critiche del Mezzogiorno, macroarea che necessita di un grande rilancio, da cui può partire una stagione di forte crescita di tutto il Paese.
Nella zona franca urbana di Caivano, ma anche in diversi altri centri dell’hinterland napoletano, l’artigianato d’eccellenza potrebbe essere la soluzione ideale per imprimere una svolta al riguardo. Lo stesso Urso, visitando la zona a settembre, aveva indicato l’artigianato come uno dei comparti prioritari per avviare una riqualificazione urbana, in un’area degradata sotto il profilo ambientale e purtroppo anche sociale, come dimostrano le tristi vicende del Parco Verde.
È incoraggiante che alle parole seguano i fatti. Per la prima volta, sembra si stiano creando le premesse per portare sviluppo e occupazione in luoghi che non possono e non devono essere oggetto della sola repressione a contrasto dell’illegalità, ma essere rieducate alla produttività positiva.
In questo percorso, uno strumento dalla grande efficacia potenziale è sicuramente rappresentato dalla cosiddetta Bottega Scuola. Chi vuole svolgere un mestiere che valorizzi la manualità artigiana deve poterlo fare, ma a tal fine sono necessarie politiche adeguate. Proponiamo che lo Stato, per un congruo periodo, si faccia carico della paga all’apprendista e assicuri un contributo al maestro di bottega, che non ha i mezzi per sostenere i corsi di una formazione inizialmente senza alcun ritorno in termini di fatturato.