I dati sull’occupazione ci dicono che, malgrado le difficoltà congiunturali, c’è una crescita costante da circa un anno, con l’unica battuta d’arresto registrata lo scorso luglio. Ma il tasso di occupazione italiano resta molto più basso di quello medio europeo, soprattutto a causa della mancanza di lavoro che continua ad angustiare il Mezzogiorno.
Proprio per questo, è quasi scandaloso ciò che emerge dall’ultima indagine Censis-Confcooperative: ci sarebbero ben 316 mila richieste fatte dalle imprese che non trovano risposta. Riguardano anche lavori umili, come muratori, manovali, o profili del settore ristorazione, come i camerieri.
Per alcune di queste figure, poco ricercate dai nostri giovani, si sta verificando la possibilità di estendere le opportunità per gli immigrati regolari o da regolarizzare, in possesso ovviamente di determinati requisiti.
Su un altro fronte, quello dei comparti dell’artigianato d’eccellenza del Made in Italy, dai pastorai ai ceramisti, agli orafi, si può, anzi si deve, puntare a salvaguardare una tradizione dal valore inestimabile, favorendo il ricambio generazionale. Rimborsando i maestri artigiani degli oneri per formare gli apprendisti e aggiungendovi un contributo, in termini di incentivo pubblico, per il tempo impiegato per educare il giovane. Anche quello ha un costo, perché è sottratto al lavoro produttivo.
Naturalmente, oltre che su questi versanti, bisogna intervenire anche su quello delle lauree a indirizzo scientifico e tecnologico. Il Paese, per essere competitivo, ha bisogno di un maggior numero di laureati, soprattutto in queste discipline.