Se dei rom o qualsiasi altro soggetto rubano dei cavi di rame o prelevano il metallo dai binari di una stazione, determinano la necessità di sostituirlo, quasi sempre per ripristinare un servizio pubblico. Se installazioni o altre opere d’arte esposte in spazi pubblici vengono danneggiate o distrutte, si può pensare di raccogliere fondi facendo appello alla solidarietà della cittadinanza per riportare ‘in vita’ le creazioni dell’ingegno sottratte all’ammirazione della collettività. Se i parchi giochi all’aperto attivati per dare momenti di gioia a bambini, per lo più provenienti da famiglie di reddito non elevato, sono oggetto di sgradite attenzioni di teppisti, forse telecomandati da boss che per quelle aree hanno altre mire, si può decidere di destinare decine di migliaia di euro per rimettere a nuovo le strutture rese inagibili. La domanda che dovrebbe porsi, che penso si ponga, qualsiasi persona di buonsenso, è: a che pro?
Se i cavi di rame sono indispensabili, le opere d’arte e i parchi giochi sono un optional. Sicuramente utili a migliorare la bellezza e la fruibilità ludica dei luoghi, ma non al punto da sprecare denaro pubblico o privato per una sopravvivenza che duri qualche settimana o addirittura un solo giorno.
Meglio sarebbe, in primis, assicurare recinzioni e altre forme di salvaguardia delle strutture in questione, che le rendano inattaccabili. E, se non fosse possibile, più logico sarebbe prevenire ‘alla radice’, investendo nell’intensificazione della lotta alla criminalità o alla barbarie fine a sé stessa.
È sconfortante che le fattispecie teppistiche indicate si registrino puntualmente tutte a Napoli. Sarebbe interessante sapere in che misura incidano negativamente sulla qualità della vita di metropoli come Milano o Roma, ma la sensazione è che il capoluogo partenopeo sia, purtroppo, messo peggio che altrove.
Quando invita gli imprenditori a investire su Napoli, il sindaco Manfredi dovrebbe tener conto anche di queste criticità e, nel contempo, impegnarsi a ridurne l’impatto sull’economia e la vita sociale di tutti i giorni. O, quanto meno, sollecitare, con richieste puntuali di interventi, altre istituzioni a collaborare con Palazzo San Giacomo per sradicare la mala pianta.
Altrimenti, a Napoli, ci si continuerà a parlare tra sordi. Prima di dilapidare risorse, bisogna creare le premesse perché la violenza distruttiva sia sconfitta e, ancor più, perché si riducano a zero le aree di emarginazione sociale.