Il Presidente di Confindustria Bonomi è tornato a parlare di crescita della Lombardia e del Nord necessaria per trainare il Paese, Sud compreso. I fatti dicono che non è così. Il divario territoriale è cresciuto nei primi due decenni di questo secolo anche, se non soprattutto, a causa di politiche economiche che puntavano a ridurre gli effetti della grande crisi nel Settentrione, poco curandosi delle regioni più svantaggiate.

La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha spiegato che gli incentivi alle imprese, quasi assenti nella manovra di fine anno, in realtà non sono stati trascurati: riemergono dalla revisione del Pnrr, che destina alle aziende più di dodici miliardi. Anche qui, tuttavia, c’è un ‘però’. Il Pnrr prevede una riserva del 40% di fondi da indirizzare al Mezzogiorno. La gran parte di tali risorse serve per opere infrastrutturali e implementazione di pubblici servizi. Il Governo ha tuttavia verificato che una parte consistente delle opere individuate originariamente non potevano essere eseguite rispettando la rigorosa scadenza fissata per il Piano di ripresa e resilienza: 2026. Di qui, e da altre considerazioni legate ai cambiamenti dello scenario internazionale, l’indifferibilità di una rimodulazione.

Tutto bene, ma c’è quel però. Se si destinano tanti soldi alle imprese, come verranno ripartiti i fondi? Se, ad esempio, l’80% delle risorse stralciate dalle opere pubbliche depennate riguardava interventi da effettuare nel Sud, siamo sicuri che l’80% dei fondi maggiorati per incentivare le imprese sarà allocato nel Meridione?

Alla luce dell’esperienza passata, è quasi impossibile, visto che le percentuali Nord e Sud, in questi casi, sono più o meno esattamente ribaltate: l’80% va al Centro-Nord, il residuo al Sud.

L’auspicio è che il Capo del Governo torni presto sull’argomento e ci spieghi che non è così, che la ripartizione rispetterà le percentuali di partenza, e che quindi nulla sarà tolto allo sventurato Meridione.

A renderci scettici sono proprio quelle rassicurazioni di Bonomi: state tranquilli, più date alla Lombardia, più briciole riceverete nella retroguardia del Paese.

Il problema, evidentemente non compreso da ampi strati della classe dirigente, è che il rilancio del Sud è d’obbligo, se si vuole consentire all’Italia di recuperare terreno, ritornando ad avere un sistema competitivo, allontanando dunque i rischi di un declino irreversibile. Gli effetti della politica economica del primo ventennio, riassumibile nello slogan “Prima il Nord”, sono stati proprio questi: l’Italia è cresciuta molto meno della media europea.