Nell’impresa manifatturiera i manager in Italia sono poco meno di cinquantamila, ma nel Sud, Sardegna e Sicilia incluse, non arrivano a tremila. È un divario gravissimo, perché significa che i profili professionali con competenze più qualificate mancano proprio nell’area in cui servirebbero di più per innescare finalmente processi di sviluppo economico e sociale.
Tra il 2019 e il 2022 nel Mezzogiorno il numero complessivo dei dirigenti, considerando stavolta tutti i settori, è aumentato del 28%, passando da 7.365 a 9.402 unità, ma, come rimarca giustamente l’Osservatorio 4.Manager, strumento promosso da Confindustria e Federmanager, “non si sono verificati cambiamenti significativi nella distribuzione dei dirigenti tra le diverse aree del Mezzogiorno”. In particolare, per ogni mille dipendenti, a livello nazionale si riscontra la presenza di 8,1 dirigenti, mentre nel Sud l’incidenza è di appena il 2,3%.
Parte anche da qui una strategia che intenda ridurre strutturalmente il divario produttivo Nord-Sud. Ma occorre risolvere un problema di cultura d’impresa. Finché i titolari delle aziende meridionali saranno restii a superare una concezione anacronistica di accentramento gestionale, sarà difficile per queste realtà aprirsi al nuovo e rendersi competitive con le moderne, dinamiche e agguerrite concorrenti del Centro-Nord e del resto del mondo, quasi sempre guidate con criteri moderni da un management evoluto.