L’amministratore delegato dello storico ente di formazione: “Usando le opportunità come premi riusciamo a tenere i ragazzi in percorsi didattici. Ma non dimentichiamo che il dato è viziato dal sommerso”.
NAPOLI – “Il rapporto SVIMEZ, aggravando delle cifre a noi operatori del settore già note, serve da campanello d’allarme. Riportare i nostri ragazzi in percorsi didattici e lavorativi deve essere l’urgenza su cui lavorare da oggi, anzi da ieri, ai prossimi anni affinché nessuno resti indietro”. Lo afferma il CEO della scuola ACIIEF Giovanni Mucciolo commentando le evidenze del rapporto SVIMEZ “Dove vanno le regioni italiane” presentato nelle scorse ore a Roma.
Tra i dati snocciolati dall’Associazione per lo sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno quello relativo ai cosiddetti NEET (quei giovani tecnicamente inattivi o per meglio dire non inseriti in alcun percorso lavorativo, formativo o educativo) è uno dei più preoccupanti. Quattro giovani su dieci tra i 18 e i 29 anni rientrerebbero in tale fascia.
“Stando a quanto riscontriamo ogni giorno sul campo – spiega Mucciolo, imprenditore di lungo corso nel settore istruzione e formazione – quello che manca ai giovani e quello su cui gli educatori devono lavorare è la motivazione. Quattro ragazzi su dieci fermi sono sinonimo di quanto affermo da tempo, ossia che il problema del disamore dei ragazzi per i percorsi formativi non è più appannaggio solo delle classi sociali a maggior rischio esclusione. Quasi la metà dei maggiorenni campani ferma vuol dire che nei primi 18 anni della vita di questi ragazzi c’è stato qualcosa che non ha funzionato”.
“Bisogna tenere certo conto – aggiunge Mucciolo – che i dati sono sicuramente gonfiati e falsati da quello che è il lavoro nero e tutto il non emerso. Sappiamo perfettamente che gran parte di questa platea di ragazzi probabilmente non è che non lavori ma più concretamente lavora lontano dai radar e dalla legalità. Ma anche questo aspetto fa parte del problema educativo a monte”.
Secondo il CEO di ACIIEF la dispersione scolastica che alimenta tale bacino di NEET andrebbe intercettata già a 14 anni. “Ci rendiamo conto che parte degli allievi che raggiungiamo conta al più di assolvere l’obbligo scolastico come può”, racconta Mucciolo. “Con una serie di accordi con le scuole del territorio stiamo provando a portare avanti percorsi di formazione professionale all’interno della didattica classica. Questi ragazzi campani sanno dimostrarsi molto concreti e pragmatici quando si tratta di vedere chiare occasioni di sviluppo professionale per il futuro, e lo dimostrano restando nei percorsi anche oltre l’assolvimento. Quando alla didattica è abbinata la possibilità di conseguire una specifica qualifica questa funge da premio, e motiva i ragazzi a restare all’interno della scuola, intesa nel senso più alto del termine”.
Ma quali sono questi percorsi? “Si va dall’imparare a fare la pizza a costruire droni partendo da zero”, conclude Mucciolo. “Cose in cui ragazzi e ragazze possono mettere le mani sapendo di costruire il loro futuro anche contro ogni difficoltà che incontrano col sistema scolastico tradizionale”.