Per un giudizio sull’andamento della Zes unica il modo migliore è partire dagli operatori, che si trovano di fronte alla svolta dalle otto zone economiche speciali a quella, comprensiva di tutto il Mezzogiorno, nata per volontà dell’attuale Esecutivo. Nei giorni scorsi il Presidente di Confindustria Taranto, Salvatore Toma, ha sottolineato che dall’inizio del 2024 il meccanismo delle autorizzazioni e dei nuovi investimenti risulta bloccato. Il beneficio della semplificazione normativa, di avere cioè posto fine alle lungaggini burocratiche, era il fattore decisivo per il decollo delle Zes, molto più dello stesso credito d’imposta. Se non si riprende presto la marcia, gli investitori si dirigeranno verso le Zes di altri Paesi. In Polonia, ad esempio, le 14 zone speciali hanno attratto investimenti per 170 miliardi, dando vita a 280 mila posti di lavoro. In Paesi più lontani e probabilmente meno temibili sul piano della competitività dei sistemi territoriali, come la Cina, le Zes contribuiscono al Pil per il 22%, attirando annualmente il 40% degli investimenti diretti esteri e contribuendo al 60% delle esportazioni.
Non dobbiamo sprecare, dunque, una grande opportunità. Non si tratta di rinunciare al disegno di rilanciare un coordinamento centrale dell’intervento per il Mezzogiorno, su questo come su altri fronti, come quello della nuova governance dei Fondi sviluppo e coesione, affidata ad accordi Stato-Regione e non delegata tout court agli enti territoriali.
Il problema sta nella fase di transizione, che dovrebbe prevedere passaggi graduali, se non si è in grado immediatamente di sostituire una macchina amministrativa nuova a quella precedente. Su questo punto, le carenze appaiono sempre più evidenti. Se lo sportello unico digitale non è al momento gestibile, non si comprende perché non si sia concessa una proroga più ampia alle vecchie strutture commissariali delle otto Zes. La decisione di prolungarne la funzionalità, ‘per gli affari correnti’, solo di due mesi, le ha esautorate senza produrre effetti sotto il profilo dei risultati. La loro cessazione a partire da marzo rende ancora più lampante il vuoto di operatività creato nel passaggio di consegne. Chi stava ottenendo risultati considerevoli è stato messo nelle condizioni di non proseguire un’attività di supporto per nuovi investimenti, insediamenti, occupazione. Al contempo, non è pronto l’ingranaggio che avrebbe dovuto potenziare e far ulteriormente decollare il meccanismo virtuoso avviato. Si ponga rapidamente rimedio a questa assurdità!