I dati Istat 2023 confermano il triste primato di Napoli, capitale italiana della disoccupazione. Il tasso di disoccupazione più alto tra tutte le province d’Italia è addirittura salito: 20,8%, a fronte del 20,6% del 2022. Ed è nettamente superiore a quello della Campania, che si ferma al 17,4%. Un valore cui contribuisce il capoluogo in maniera decisiva, visto che la seconda provincia regionale per tasso di disoccupazione, Salerno, si ferma al 15,1%.
Il tasso di occupazione di Napoli nel 2023 è lievemente salito, dal 40,2 al 41,6%. Ma la metropoli più importante del Mezzogiorno, la terza città d’Italia, è in questo caso quart’ultima in Italia: dietro ci sono soltanto Reggio Calabria, Crotone e Caltanissetta.
L’anno scorso, peraltro, ha visto la parola fine anche il reddito di cittadinanza, con conseguente aumento della forza lavoro attiva e, in teoria, maggiori disponibilità di risorse umane per chi volesse profittarne.
I dati, tuttavia, non aiutano a sperare neppure sotto questo profilo, visto che Unioncamere prevede che nel trimestre aprile-giugno 2024 le imprese della Campania assumeranno quasi 18 mila addetti in meno, rispetto a quanto fatto nello stesso periodo dell’anno scorso.
Ma allora il turismo? I forti incrementi dei flussi? Il proliferare di baretti e ristorantini, il panorama urbano arricchito dalla visione di tantissimi tavolini occupati da spensierati visitatori confluiti a Napoli dall’Italia e dall’estero?
Ci sarebbe una risposta, ma non possiamo documentarla, perché in questo caso cifre puntuali non ve ne sono. I gestori di tanti esercizi, nati come funghi con la crescita del turismo, pagano in nero, poche centinaia di euro, i vedovi del reddito di cittadinanza e altri giovanotti che, pur di provare a campare, accettano retribuzioni lontanissime dagli standard di altre città d’arte.
Meglio così? Meglio lavorare nel sommerso che far parte di bande criminali? A parte che ci sono anche quelle, si può convenire che, tra i due mali, l’economia sommersa sia largamente il minore.
Quello che non si può accettare è che le istituzioni non si diano finalmente una regolata per assicurare anche a Napoli e al Mezzogiorno uno sviluppo degno di una società civile.
Quando parliamo di frenare l’overtourism ci riferiamo anche a questo, alla necessità di volare alto, puntando ad esempio all’arricchimento dell’offerta di alberghi cinque stelle, contrastando l’offerta poco qualificata. E, naturalmente, di incentivare altre fonti di ricchezza, dall’innovazione tecnologica e dall’intelligenza artificiale all’artigianato d’eccellenza.