I dati non coincidono per niente, ma vengono da due fonti di prestigio. Di cosa stiamo parlando? I numeri Svimez sulla crescita del Mezzogiorno non corrispondono a quelli della Banca d’Italia, incredibile ma vero. Mentre Bankitalia, nell’ultima Relazione annuale, rileva che dal 2019 la crescita del Pil meridionale è stata inferiore alla media nazionale, Svimez sostiene esattamente il contrario. Complessivamente, il pil del Mezzogiorno si è incrementato del 3,7%, rispetto al 3,5% italiano. Questa differenza di stima, peraltro, pur se significativa, non cambia la sostanza del divario o gap, come vogliamo chiamarlo tra Nord e Sud. Il Pil pro capite del Sud dello stivale si attesta a poco più del 55% di quello del resto d’Italia. Fin dal 2022 il Nord ha superato i livelli pre-crisi, mentre il Sud ha ancora oltre sette punti di Pil da recuperare. Il gap, insomma, si è allargato, per lo più in uno scenario in cui l’Italia perdeva posizioni rispetto agli altri Stati europei. Un ulteriore elemento accresce i dubbi sulla recente accelerata del Mezzogiorno, il cui Pil, certificato dall’Istat, nel 2023 è aumentato dell’1,3%, a fronte di un’Italia fermatasi complessivamente allo 0,9%. L’anno scorso scadeva la deadline stabilita dall’Unione Europea per la spesa del ciclo di fondi strutturali 2014-2020. Secondo molte sigle datoriali, la sfida da vincere per il Sud, parte da quest’anno e dipende dalla qualità degli investimenti posti in atto. O determinano un miglioramento strutturale delle condizioni di partenza, avvicinando il Mezzogiorno agli indicatori economici medi nazionali, o la partita sarà perduta. Il verdetto, naturalmente, non potrà emanarsi a fine ’24, ma si dovrà attendere il 2027, alla fine della scadenza fissata per il Pnrr. Allora si trarranno i primi bilanci definitivi.