L’allarme lanciato dalla Corte dei Conti dell’Unione Europea sul rischio che non sia rispettata la scadenza fissata per le iniziative del Recovery Plan, da completare entro il 2026, merita qualche riflessione. L’Italia, nell’attuazione del suo Pnrr, ha fatto meglio dagli altri Stati Ue nella realizzazione dei loro programmi, riuscendo a ottenere finora il versamento di tutte le rate previste, grazie al rispetto quasi puntuale degli obiettivi fissati nelle tabelle di marcia concordate con Bruxelles.
Le difficoltà per l’Italia, come del resto per gli altri Stati membri dell’Ue, vanno se mai individuate nella spesa effettiva delle risorse incassate. Su 102,5 miliardi ottenuti fra anticipo e prime cinque rate, la spesa ufficialmente registrata dalla Corte dei Conti Ue per l’Italia è stata di 52,2 miliardi, il 51% di quanto finora ricevuto. Per la nostra nazione il traguardo finale da tagliare, ossia la realizzazione di tutti gli interventi entro la deadline del Pnrr, è reso molto più difficile, al confronto con gli altri partner Ue, a causa dell’entità dell’importo de gestire: computando quanto già erogato dall’Europa con quanto dovrà ancora arrivare, il nostro impegno è di gran lunga superiore.
Secondo stime della Corte dei Conti Ue, l’Italia dovrebbe concentrare nel 2026 addirittura il 62% degli investimenti. Un’impresa ai limiti dell’impossibile, anche in considerazione del fatto che, malgrado la ripresa delle assunzioni, la pubblica amministrazione non ha ancora raggiunto qualitativamente e quantitativamente i livelli di efficienza necessari per performance di questo tipo. Va tenuto presente che le amministrazioni chiamate in causa, a livello centrale e territoriale, dovranno contestualmente gestire anche i fondi comunitari del nuovo ciclo di programmazione e le risorse del Fondo sviluppo e coesione.
Lo scenario attuale prospetta realisticamente due sbocchi per la partita Pnrr: o, superato il termine, si restituiscono i soldi non utilizzati, oppure arriva una proroga, di cui beneficerebbe la gran parte degli Stati Ue, alla luce dei ritardi già cumulati, e non soltanto l’Italia, che in affanno finora non è stata e potrà se mai trovarsi in questa fase finale.
L’auspicio, nell’interesse anche del Mezzogiorno, è che il Ministro Fitto, nel nuovo prossimo ruolo di Commissario Ue, faccia valere le sue doti di equilibrio e la notevole competenza maturata sul tema Pnrr, per sollecitare la Commissione europea a scadenzare più in là nel tempo il termine per il completamento delle iniziative. Logica e buonsenso dicono che è questa la strada da perseguire.