Giovanni Di Paola è uno studente di filosofia, fondatore del progetto divulgativo Filosofandofacile, scrittore e collaboratore della rivista online Physokai Philosophia e poeta campano, nativo di Vico Equense, in provincia di Napoli.
 
Qual è il significato del titolo della sua raccolta poetica Nostalgia di Silenzi e come riflette il tema della malinconia?
<< Come ho spiegato all’inizio della raccolta il titolo evoca stati d’animo apparentemente contrastanti come malinconia e inquietudine, tranquillità e tendenza alla meditazione, e ciò è dettato dal fatto che l’elemento trainante è la nostalgia. L’esigenza del poeta è quella di scavare ossessivamente dentro di sé, negli anfratti dell’anima, e fare i conti con quel groviglio di stati d’animo che lo abitano (emozioni, sentimenti). Nostalgia di Silenzi perché la Nostalgia è l’intenso desiderio di ritornare ad abitare quegli spazi invisibili (Silenzi) che
sono stati di soggiorno abituale per l’anima del poeta. Essi sono Silenzi perché ispirano la meditazione e in essi si svolge la feconda contaminazione tra l’anima del poeta e quella dei luoghi naturali. In questa ineffabile zona di transizione si origina la poesia. La malinconia ha una funzione stimolante, infatti è in questa condizione di vaga tristezza che solitamente prendono forma le mie poesie >>
Come descriverebbe la sua ricerca interiore attraverso la poesia?
<< Un luogo che può essere al contempo quieto e burrascoso, sacro e profano, una sorta di tempio dove si può meditare e coltivare silenziosamente “l’otium”, ma anche una locanda rumorosa dove ci si abbandona alle passioni più violente. La ricerca poetica è caratterizzata da un’indagine quasi ossessiva del suono e del significato utilizzando come medium l’impotenza della parola. La poesia ha la funzione di mettere in relazione tramite la parola il finito con l’infinito, la verità con il mistero, e come direbbe Giuseppe Ungaretti: «la parola è impotente, non riuscirà mai a svelare il segreto che è in noi. Lo avvicina!» >>
In che modo gli spazi invisibili dell’anima influenzano la sua scrittura?
<< La poesia nasce dal soggiorno in questi spazi invisibili che si generano dall’interazione tra l’anima del poeta e le “anime” dei luoghi naturali, che sono vivi ed hanno sempre tanto da comunicare. L’osservazione del fenomeno naturale funge da stimolo necessario per l’atto creativo e immaginifico del poeta, il cui sguardo trascende la realtà sensibile >>
Può parlarci del legame tra nostalgia e la sua esperienza poetica?
<< La nostalgia è il cuore pulsante del mio modo di fare poesia, è il desiderio intenso che mi spinge a poetare, la forza che anima ogni verso. Come scrive Milan Kundera «In greco “ritorno” si dice nóstos, mentre Álgos significa “sofferenza”. La nostalgia è dunque la sofferenza provocata dal desiderio inappagato di ritornare.» nel mio caso con due importanti precisazioni:
1) Si tratta di una “sofferenza” delicata, a tratti piacevole e non dunque distruttiva;
2) Come ho già detto, la nostalgia è il desiderio di ritornare ad abitare gli spazi invisibili che sono stati di soggiorno abituale per l’anima del poeta, e che ora sembrano allontanarsi, come se fossero una dimora abbandonata. Dunque essa può svolgere una duplice funzione:
– positiva perché riconduce laddove si è stati bene;
– negativa perché rammenta la lontananza di quei momenti felici e li lascia intravedere in maniera fugace >>
Qual è il ruolo della natura e dei fenomeni celesti nelle sue poesie?
<< Hanno un ruolo principale, non sono delle semplici comparse. La natura è intesa in una sfumatura più ampia, quasi nel senso greco di ‘kosmos’ un tutto armonico e ordinato dove il poeta vive in accordo con la razionalità universale. In realtà il poeta riesce a percepire anche il battito vitale dell’Universo, perché ne è ‘docile fibra’. I fenomeni celesti sono in realtà metafora di un’ascesa dello spirito, che vuole elevarsi oltre ogni meta apparente, la Luna e le stelle sono espressione di quel desiderio prima dantesco e poi leopardiano di scrutare l’infinito per naufragare dolcemente nella sua immensità >>
Come si sviluppa il dialogo con il proprio abisso interiore nel suo lavoro?
<< È un dialogo che porta alla luce l’inquietudine di fondo che alimenta ogni spirito poetante, che denota la possibilità di attingere agli abissi remoti del proprio io con il pericolo di sprofondare in un vortice senza via d’uscita. Quando si scava ossessivamente dentro di sé bisogna tenere in mente la frase di Nietzsche: «Chi lotta contro i mostri deve fare attenzione a non diventare lui stesso un mostro. E se tu guarderai a lungo in un abisso, anche l’abisso vorrà guardare dentro di te.» >>
In che modo le emozioni che la ‘abitano’ si manifestano nei suoi versi?
<< Le emozioni sono degli stimoli immediati, estremamente intensi, dunque sono la manifestazione del vissuto in tutta la sua potenza. Questo è uno dei motivi per il quale ho scelto il verso libero, per non smorzare l’incisività del contenuto emotivo. Le emozioni trovano riparo momentaneo nell’anima del poeta, tanto da “abitare” questa dimora che è al contempo tranquilla e vorticosa >>
Come riesce a familiarizzare con i sentimenti attraverso la sua poesia?
<< Beh, la poesia è uno dei due fari che orientano la mia esistenza, l’altro è la filosofia. Anche in balìa delle tempeste più burrascose ho attinto alla potenza del verso per fare i conti con me stesso. Il sentimento diventa un’occasione per conoscersi >>
Cosa spera che i lettori possano trarre dalla sua raccolta?
<< La voglia di mettersi costantemente in discussione, di imparare a dialogare con se stessi, di emozionarsi dinanzi alla bellezza della natura, di amare incondizionatamente. Vorrei che condividessimo le tappe di questo itinerario dell’anima, che non ha un fine prestabilito >>
Ci saluta con un suo motto?
<< “Sapere aude!”, abbiate il coraggio di conoscere e di valervi del vostro proprio intelletto, il motto che Kant riprende dalle “Epistole” del poeta latino Orazio >>