Roma, 31 gen. (askanews) - Il Fondo monetario internazionale ha rivisto al rialzo le previsioni di crescita economica globale e dell'Italia di quest'anno, mentre ha ridotto le attese sul 2024. Nel suo aggiornamento al World Economic Outlook, ora il Fmi pronostica una crescita dello 0,6% quest'anno nella Penisola, cui nel 2024 dovrebbe seguire un più 0,9%. Nel caso del 2023 si tratta di 0,8 punti in più rispetto alle precedenti stime, risalenti a ottobre e che soprattutto implicavano una recessione, con il meno 0,2% del Pil italiano. La revisione al rialzo sulla Penisola è la seconda più elevata, assieme a quella della Cina; sul 2024 invece il dato è stato rivisto al ribasso di 0,4 punti percentuali. In generale l'istituzione di Washington ha alzato la previsione di crescita globale di quest`anno al 2,9%, ovvero 0,2 punti percentuali in più rispetto a ottobre, mentre sul 2024 stima un più 3,1%, in questo caso 0,1 punti percentuali inferiore alle precedenti indicazioni. Secondo il Weo gli Usa dovrebbero crescere dell`1,4% quest`anno e dell`1% il prossimo (anche in questo caso, come in molti altri con una revisione in meglio sul 2023 e una riduzione sul 2024). Sull`eurozona è indicata una espansione dello 0,7% quest`anno e dell`1,6% il prossimo. Nonostante la revisione in meglio, dopo una prolungata fase di tagli, la crescita economica prevista per quest`anno resta ben inferiore al 3,8% della media che si è registrata dall`inizio del millennio al 2019, rileva il Fmi. Intanto "i rialzi dei tassi da parte delle Banche centrali contro l`alta inflazione e la guerra della Russia in Ucraina continuano a pesare sull`attività economica". D`altra parte le riapertura della Cina con la conclusione di lockdown e restrizioni imposte a motivo del Covid "hanno spianato la strada a una ripresa superiore al previsto", dice il Fmi. "Il bilancio dei rischi resta orientato al ribasso ma i rischi avversi si sono moderati dallo scorso ottobre. Sul versante positivo sono plausibili un recupero di domanda in diversi paesi o un calo dell`inflazione più rapido del previsto". Sui richi di natura opposta potrebbero verificarsi "sviluppi avversi sul fronte sanitario in Cina, che potrebbero frenare la ripresa, la guerra russa in Ucraina potrebbe segnare una escalation e l`inasprimento delle condizioni di finanziamento globali potrebbero peggiorare le difficoltà a onorare i debiti". Inoltre secondo l`aggiornamento del Weo "i mercati finanziari potrebbero anche segnare repentini riprezzamenti in risposta a sviluppi avversi, mentre ulteriori frammentazioni geopolitiche potrebbero minare i progressi sul versante economico". Per la Germania il Fmi stima una crescita dello 0,1% quest`anno e dell`1,4% il prossimo; sulla Francia dello 0,7% quest`anno e dell`1,6% il prossimo. In Giappone la crescita di quest`anno è attesa all`1,8% mentre sul prossimo è previsto un rallentamento allo 0,9%. Poi c'è il caso della Gran Bretagna, "maglia nera" di fatto e per cui il Fmi ha ulteriormente rivisto in peggio le previsioni sul 2023 a, ora, una recessione dello 0,6%, cui dovrebbe seguire una leggera ripresa dello 0,9% del 2024 che invece in questo caso è stato oggetto di una revisione al rialzo. Il taglio operato sul Regno Unito è il più marcato tra i paesi elencati e il dato complessivo del 2024 è il più debole, perfino della Russia su cui pesano ancora le sanzioni di G7, Usa ed Europa. E proprio guardando al caso Russia, il Fmi ha marcatamente rivisto al rialzo le previsioni di crescita, tanto che ora non prevede più una recessione quest`anno, ma una espansione seppur limitata allo 0,3%, dopo un meno 2,2% del 2022 (stima a sua volta rivista in meglio). Sul 2024 è attesa una ripresa della dinamica al più 2,1%. La stima di crescita 2023 della Russia è stata oggetto della più marcata revisione al rialzo nel Weo: 2,6 punti percentuali in più. Peraltro dopo che già le precedenti previsioni erano state oggetto di ridimensionamenti delle attese di recessione. Inoltre sulla Russia il Fmi ha rivisto al rialzo anche le stime sulla crescita del prossimo anno. L`istituzione di Washington ha poi rivisto in meglio le previsioni di crescita economica della Cina, al 5,2% quest`anno (0,8 di percentuali in più rispetto ottobre), mentre ha confermato al 4,5% la previsione di crescita 2024. Per l`India, infine, il Fmi ha confermato la previsione di una crescita del 6,1% quest`anno e del 6,8% nel 2024. Nella maggior parte delle economie, in cui si è creata una crisi sui rialzi del costo della vita "la priorità resta ottenere una disinflazione sostenuta", prosegue il rapporto. Dopo l`inasprimento delle condizioni di finanziamento e la frenata della crescita, che rischia di ripercuotersi sul settore finanziario e sulla stabilità dell`indebitamento "è necessario mettere in campo strumenti macro prudenziali e rafforzare gli schemi di ristrutturazione dei debiti". Ma al tempo stesso le misure di bilancio dovrebbero diventare più mirate mentre la cooperazione multilaterale resta essenziale per affrontare sfide come quelle legate ai cambiamenti climatici, o al rafforzamento degli investimenti sulle tecnologie verdi.

Il deficit pubblico italiano, nel 2025, potrebbe scendere sotto il 3% del Pil. Il che anticiperebbe di un anno l’uscita dalla procedura europea dei conti, consolidando la stabilità del Paese sui mercati finanziari internazionali. Il condizionale, tuttavia, è d’obbligo, perché le stime si basano su previsioni che rischiano di rivelarsi troppo ottimistiche. Perfino quella di un Pil 2024 cresciuto per lo 0,7%, effettuata dal Fondo monetario internazionale nei giorni scorsi e che ha già rivisto al ribasso le proiezioni precedenti, può essere smentita dalla realtà. Potrebbe accadere se dovesse continuare l’andamento dell’ultimo trimestre, luglio-settembre, caratterizzatosi per un complessivo ristagno del PIl. L’inversione di tendenza italiana, con un’economia che da battipista è passata ad essere fanalino di coda europeo, ha anche motivazioni esterne. L’Italia, secondo Paese manifatturiero d’Europa, risente della crisi globale dell’industria produttiva, riscontrabile anche in Paesi come Usa, Germania, Giappone, Messico e Turchia. Ma a peggiorare la situazione, in Italia, contribuiscono fattori interni, primo fra tutto il prezzo esorbitante dell’energia. Se si prescinde da tasse ed altri oneri, un’analisi dell’Università Bicocca evidenzia che il costo dell’energia nella Penisola è il triplo di quello degli stati scandinavi, il doppio di Francia e Spagna, un terzo in più di quello della Germania. Se poi si considera che il costo medio europeo è nettamente più elevato di quello di Asia e Nord America, si può avere un’idea delle difficoltà delle imprese italiane, chiamate a competere su un mercato oramai globale in ogni settore merceologico. La spinta verso le rinnovabili e, in una prospettiva di medio termine, verso un grande rilancio del nucleare pulito e sicuro di nuova concezione (ma ci vorranno anni!) può porre le basi per migliorare gradualmente la situazione.  Nel frattempo, per dare slancio all’economia italiana, bisogna utilizzare le leve disponibili, a cominciare dal Pnrr. I dati ufficiali dicono che finora è stato speso il 26% dei 194 miliardi disponibili. La speranza è che sia una formidabile accelerata in quest’ultimo biennio, anche perché, in caso contrario e se non ci saranno proroghe, bisognerà restituire all’Unione Europea le risorse concesse ma non spese entro la deadline stabilita da Bruxelles.