I recenti dati Istat sull’economia italiana, fotografano una situazione molto più realistica di quanto non si pensi.  La correzione della stima di crescita, 0,4 anziché 0,6%, è dovuta al rialzo dei valori delle annate precedenti, non cambia il giudizio su quanto sta avvenendo negli ultimi anni. La fotografia su base quinquennale fornisce una chiave di lettura molto più attendibile. Dal quarto trimestre 219 al secondo trimestre 2024 l’Italia, insieme al Canada, è il Paese del G7 che ha fatto registrare la maggiore crescita dopo gli Stati Uniti. Gli Usa, sulla spinta di un forte rialzo del debito pubblico, sono cresciuti del 10,7%, l’Italia e il Canada del 5,5%. Gli altri sono indietro: Francia 3,7%, Giappone 3%, Regno Unito 2,9%, Germania 0,2%. Le esportazioni sono state indubbiamente uno dei fattori che ha concorso a sostenere l’economia italiana. Il recente incremento di quelle meridionali ha fornito un importante contributo.  Sotto questo aspetto, la performance del farmaceutico napoletano è straordinaria. Alla fine del secondo trimestre del 2019, la provincia di Napoli esportava prodotti farmaceutici per 697 milioni, un valore che la poneva al sesto posto in Italia dopo Latina, Frosinone, Milano, Firenze e Ascoli Piceno. L’ultima rilevazione Istat ci dice che le vendite all’estero di Napoli sono state pari a 3,7 miliardi, poco meno di Latina (3,9), più di tutte le altre province. E le premesse, visti i forti investimenti avviati da Novartis a Torre Annunziata, fanno pensare si sia ancora in piena ascesa. Il settore farmaceutico è solo la punta di diamante di un Sud che sta avanzando, come tassi di internazionalizzazione delle imprese e come export, anche su altri fronti, a cominciare dall’industria alimentare e dal turismo, per proseguire con diverse altre filiere. I dati ISTAT, lette nella loro globalità, inducono a un moderato ottimismo sulle prospettive dell’economia italiana, al di là della revisione della proiezione sulla crescita del Pil 2024. Tra i punti critici su cui cercare di sviluppare politiche adeguate, a livello europeo e non solo nazionale, c’è l’industria manifatturiera, cresciuta nei cinque anni considerati di solo l’1,2% a fronte, ad esempio, di un boom delle costruzioni (+45,1%), favorito peraltro dalla ‘droga’ dei superbonus. Occorre che Bruxelles inverta la rotta rispetto a certi orientamenti che hanno penalizzato diversi settori industriali, dall’automotive al packaging. Il Green Deal non può e non deve prescindere dai risultati raggiunti, pena è sacrificare dei target fondamentali già raggiunti.