ROMA – Il 2023 è stato l’ultimo anno in cui l’Italia è cresciuta più della media europea: 0,7% contro 0,4%. Già da quest’anno la situazione dovrebbe cambiare. Il Pil dell’eurozona, secondo le ultime previsioni della Commissione Ue, dovrebbe incrementarsi dello 0,8%, a fronte dello 0,7% italiano. Le stime non sempre corrispondono agli esiti effettivi, lo insegna il passato anche recente, ma in questo caso quelle informali del Governo differiscono di poco, con un aumento che si attesterebbe a 0,8%. La prospettiva, peraltro, sia per la Commissione Ue che per il Governo Meloni nel Piano strutturale di bilancio, delinea una progressione anche futura inferiore a quella continentale. La crescita cumulata italiana del Pil per il biennio 2025-2026 sarà, secondo la Commissione, pari a 2,2 punti percentuali, contro 2,3 del Governo. Anche qui, una variazione di appena un decimale. Con questo andamento, l’Italia nel 2026 dovrebbe scivolare in coda alla graduatoria dei 27 Paesi dell’Unione: +1,2% contro una media Eurozona di +1,6%. Non è uno smacco, se si considerano le difficoltà dell’industria italiana, che ha segnato un calo produttivo di 7 punti negli ultimi diciotto mesi, anche per l’interdipendenza con la Germania, in perdurante recessione. Anzi, se si aggiungono i vincoli originati dall’elevato debito pubblico, il fatto che l’Italia continui comunque a crescere può essere valutato come un risultato accettabile. Come è rassicurante la sostanziale concordia di orientamento tra la Commissione e il Governo, con il Ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti che deve far quadrare i conti malgrado l’eredità dannosa del superbonus, misura che ha fatto lievitare per anni la spesa pubblica nazionale. È peraltro evidente, alla luce di un biennio che si annuncia non esaltante, l’importanza che, in Commissione, l’Italia sia rappresentata autorevolmente e faccia sentire il proprio peso. In questo senso, la vicepresidenza a Fitto, accompagnata da deleghe pesanti, che gli consentirebbero di incidere notevolmente su partite fondamentali come il Pnrr e il nuovo ciclo dei Fondi coesione, è un obiettivo che riguarda l’interesse nazionale, da anteporre alla dialettica tra coalizioni di diverso colore. L’auspicio è che la nomina vada in porto, con l’edizione bis della Commissione targata von der Leyen, e che il Governo europeo dei prossimi anni sia più incisivo, efficace, meno integralista e ideologizzato nelle sue scelte, di quanto non sia stato con la Commissione uscente.