Teresa Mattei: la partigiana che insieme alle altre donne della resistenza  convinse tutti a scegliere il fiore più povero
Può succedere che con il tempo il reale significato di una ricorrenza  sbiadisca. Accade che un giorno importante si trasformi in una stupida festicciola dove si regalano cioccolatini e mazzetti di fiori comprati di fretta. Succede quando si perde la memoria di quello che è stato. L’8 Marzo non è san valentino ,ma è molto più vicino al primo maggio più di quanto crediamo e l’adottamento della mimosa come emblema della giornata internazionale della donna nasconde tutta la storia del nostro paese e una scelta ben precisa. Era il 1946, l’Italia era uscita da poco dalla guerra e stava decidendo per il suo futuro.L’8 Marzo allora era una data scelta tra tante per puntare l’attenzione sulle rivendicazioni salariali e sociali delle donne in un paese che usciva da una dittatura che aveva sancito la donna come una non persona ,un paese dove vigeva ancora un sistema patriarcale.L’8 Marzo non era una la conquista finale, ma un punto di inizio. All’epoca esisteva ancora il delitto d’onore, non c’era né parità di diritti tra i coniugi né parità salariale tra uomo e donna e lo stupro non era un reato contro la persona ,ma contro la morale. Però si sentiva tra le rovine della guerra terminata soffiare il vento del cambiamento. E così l’otto Marzo divenne il picchetto per raggiungere la cima, una data che metteva l’attenzione sui diritti delle donne come tema attuale su cui si doveva tornare e tornare fino allo sfinimento. Serviva un fiore che simboleggiasse la lotta, e furono Teresa Noce, Teresa Mattei e Rita Montagnana a proporre la mimosa. Tre donne della resistenza, tre donne che avevano combattuto per la libertà. Ma in un paese dilaniato dalla guerra e da ricostruire serviva un fiore povero, che tutti potevano reperire facilmente e Teresa Mattei ,partigiana e la più giovane eletta all’assemblea costituente, lottò per questo. Per quel fragile fiore che segna l’inizio della primavera e della rinascita e che resiste selvaggio all’insidie dell’inverno. Un fiore che all’epoca, indossato indicava sovversione e rivoluzione, la cui distribuzione era causa di disordini dell’ordine costituito. La scelta di Teresa non fu banale perché la mimosa è resistente, combattente e invadente. Il suo profumo e il suo colore invade le strade e non passa inosservato insinuandosi nel pensiero. Averla addosso significava combattere per un mondo libero e giusto e ancora oggi bisogna ricordarlo e ripeterlo continuamente. La storia insegna e ci indica quella strada che spesso il tempo ci fa perdere. Anche la leggenda della mimosa mostra la stessa perseveranza di Teresa. Si narra che su un’isola chiamata Rainhor, vivesse un popolo la cui particolarità era il biondo oro dei capelli. Durante una delle tante incursioni da parte delle tribù nemiche venne rapita, insieme ad altre fanciulle, Mihm, la figlia del capo villaggio. Mihm, giovane donna coraggiosa e tenace non volle arrendersi al proprio destino e, raggiunse e percorse lo stretto cunicolo che della grotta dove era prigioniera con le altre fanciulle, portava all’unico foro sfociante su una collina, dal quale entrava l’aria. Mihm  spinse la testa verso l’esterno e sciolse al vento i suoi lunghi capelli biondi che, riflettendo la luce del sole, attirarono l’attenzione degli uomini. Grazie al coraggio di Mihm tutte le ragazze vennero liberate, mentre lei morì soffocata. Quando il suo promesso sposo giunse sulla collina dove ricadeva l’apertura del corridoio sotterraneo al posto della ragazza trovò un albero dalle radici forti e profonde le cui foglie dai rami color oro fluttuavano nel vento. Era nato l’albero delle mimose.