«Questi sono i miei amici:
guardate come brillano.»
Lame brillanti come ogni singola biscroma concepita dall’uomo che questo spettacolo si propone di ricordare, omaggiare e raccontare, lasciando la parola a lui stesso e l’interpretazione delle sue note e dei suoi testi ad un cast di musicisti.
Una passeggiata in un mondo sonoro costantemente in bilico tra luce e tenebre, alla scoperta dei luminosi prati di Seurat di “Sunday in the park with George” (1983) e dei fitti boschi delle favole mescolate e rivisitate di “Into the Woods” (1986), proteggendo la gola dalla furia omicida di “Sweeney Todd” (1979) ed aprendo il cuore all’immortale lirismo di “West Side Story” (1957). «Una sola richiesta al pubblico: sedete in platea non per rilassarvi ma per prestare
attenzione.» (S.Sondheim) TOM TEAQuando, dove, come e perchè nasce?
Un giorno, seduto al pianoforte, lasciai andare le mani e prese progressivamente forma un brano. Riconobbi, mentre accadeva, che ne aveva permeato l’ispirazione lo stile di un compositore di cui mi ero da qualche tempo invaghito: Stephen Sondheim. Rintracciai persino dei richiami inconsci ad alcune sue note. Allora compresi che quel neonato pezzo di musica non potesse che essere e diventare un omaggio a lui. È così che inizia lo spettacolo, con questa scena: ci sono io al piano, in camera mia, che improvviso (prima) e compongo (poi), scarabocchiando su un foglio pentagrammato. Successivamente, buio. Si ode una voce, come l’eco di un frammento di un lontano ricordo: «A song should be like a play: it should have a beginning, a middle and an end. It should have and idea, state the idea and then build the idea and develop it – and finish. And…at the end…»
«Una canzone dovrebbe essere come un’opera teatrale: dovrebbe avere un inizio, uno sviluppo e alla fine…»
Un ricordo interrotto che attende di essere rievocato e compiuto. La luce si riaccende; al centro del palco, qualcuno scorre casualmente con le dita e
con lo sguardo le pagine di un grosso libro: «Stephen Joshua.
Così i miei genitori scelsero il mio nome: sfogliando la Bibbia.» Sondheim in persona, da questo momento, si racconta al pubblico, ripercorrendo gli
esordi come compositore e quelli antecedenti come paroliere, nel 1955, al fianco di Leonard Bernstein (“West Side Story”); i più clamorosi successi ed insuccessi, i più significativi e proficui sodalizi, i più appassionanti momenti di vita e d’arte. Un tuffo nella storia e nelle storie di un uomo che Broadway e che il mondo intero ha consacrato genio indiscusso.E la narrazione teatrale non può che concatenarsi a quella musicale, con
l’apparizione intermittente dei personaggi delle canzoni dei suoi musical e con le
canzoni stesse, la sua prole – se è vero come è vero che «fare arte è l’unica altra maniera di procreare.»
Lo spettacolo, in due atti, vuole fare un omaggio. Ed un omaggio nell’omaggio come leitmotiv – il brano omonimo che ho composto in principio e da cui tutto ha avuto origine. Un brano che nasce al pianoforte e che attraverso i suoi tasti, all’inizio del secondo atto, vede accendersi magicamente delle voci, come piccole idee luminose. Da un pianoforte ad un quintetto vocale, in conclusione.
Il cerchio si chiude in un finale dall’atmosfera onirica e metafisica: Stephen
Sondheim si congiunge con i suoi figli, che cantano per lui.
«Oh, vedo tutto ciò per cui ho vissuto camminare sulle proprie gambe e farmi un
ultimo saluto, come se fossi morto. Guardate come brillano. See how they Glisten! »
Interpreti (attori e cantanti): LUCIANO DELL’ AGLIO , GIULIA LEPORE, ELLAH MARCH, ARIANNA CRISTILLO, GIANMARCO CACCIAPUOTI, PASK BLUENNE, FRANCESCO STARACE, TOM TEA.
Al pianoforte: TOM TEA – Musiche: STEPHEN SONDHEIM, TOM TEA
Il brano per quintetto vocale e pianoforte
Compositore: TOM TEA (MATTEO COCCA)
Autore: CARL HYLE (CARLO CAMPANILE)
GIULIA OTTONELLO, SOPRANO
CARL HYLE, BARITONO
TOM TEA, BASSO
Premi conseguiti: PRIMO POSTO NEL CONCORSO “ON THE MUSIC WAVES – INTERNATIONAL SONG CONTEST”