Nel 52esimo anniversario dell’efferato eccidio dei due fratelli Mattei, Stefano di 8 anni e Virgilio di 22, due dei sei figli di Mario Mattei, operaio comunale e Segretario della Sezione del MSI del quartiere di Primavalle, nella periferia più degradata della capitale, si riesce finalmente ad inaugurare un murales realizzato da un conosciutissimo artista romano in maniera assolutamente gratuito, per ricordare, dopo più di mezzo secolo, il barbaro e criminale omicidio di due giovani innocenti.

Sono le 3 del mattino del 16 Aprile del 1973. La notte è tranquilla e si respira già una piacevole aria primaverile. All’improvviso un commando di almeno tre persone fa irruzione nella palazzina delle case popolari di Via Bernardo Bibbiena. Salgono al secondo piano, individuano la porta d’ingresso della famiglia Mattei e versano con fredda malvagità una tanica di benzina sotto la porta. Liquido infiammabile che ben presto si propagherà all’interno dell’appartamento. Poi appiccano il fuoco e fuggono velocemente e indisturbati.

Le fiamme divampano immediatamente, cogliendo nel sonno tutta la famiglia. La madre si accorge per prima delle fiamme, urla in direzione del marito ancora a letto, afferra i due figli più piccoli che dormivano nel suo letto ed esce sul ballatoio del secondo piano. Nell’aprire la porta d’ingresso il fuoco divampa ancor più velocemente, formando un vortice che avvolge tutti gli ambienti e gli altri occupanti dell’abitazione. Il padre viene avvolto dalle fiamme appena attenuate da una coperta lanciata dalla figlia Lucia. I due, si calano  dal balconcino del secondo piano, non senza riportare qualche ferita e piccole fratture e, immediatamente, cercano di richiamare l’attenzione degli altri congiunti ancora in lotta con le fiamme nell’appartamento ormai devastato, per fare altrettanto, lanciandosi dai balconi.  La figlia più grande, Silvia segue le indicazioni del padre, che prova ad attutire l’impatto con il suolo della ragazza lanciatasi nel vuoto. Silvia, tuttavia, riporterà varie fratture vertebrali piuttosto serie. All’appello rimangono soltanto i due figli che dormivano nella stessa stanza di quell’appartamento divorato dalle fiamme. Sono Stefano e Virgilio, che cercheranno di salvarsi lanciandosi dalla finestra della loro stanzetta. Il padre è proprio li, sotto la finestra ed incoraggia i due a lanciarsi nel cortile della palazzina. Ma il piccolo Stefano viene colto dal panico e non riesce a lanciarsi, malgrado la sua cameretta sia ormai avvolta dalle fiamme. E’ terrorizzato, impietrito dalla paura ed al fratello 22enne non rimane che provare a proteggerlo dalle fiamme riparandolo con il suo corpo, in un estremo quanto vano gesto di amore.

Il padre dal cortile grida senza sosta verso i due, nel tentativo di rassicurarli e convincerli a lanciarsi dalla finestra. Ma all’improvviso assiste impotente all’immagine terribile delle fiamme che avvolge dapprima il figlio Virgilio e poi il piccolo Stefano, protetto sino all’ultimo istante dal corpo del fratello maggiore. Una immagine cruda, agghiacciante che, ripresa da un fotografo dell’Ansa prontamente intervenuto sul luogo del duplice omicidio, farà il giro di tutti i quotidiani italiani, fissando in maniera indelebile la malvagità e la follia omicida di un gruppo di extraparlamentari comunisti di Potere Operaio.

Noi, volutamente, vogliamo tralasciare il dramma indicibile che colpì la famiglia di Mario Mattei. Vogliamo tralasciare il dolore dei genitori e dei fratelli di Stefano e Virgilio Mattei uccisi in maniera così efferata e barbara. Volutamente evitiamo di raccontarvi la via Crucis di questa famiglia sballottata per anni da un luogo all’altro della città di Roma per essere ospitati in un diverso alloggio popolare, tra il disinteresse generale delle Istituzioni dell’epoca. Lasciamo a voi lettori immaginare il dolore e il disagio dei fratelli superstiti e dei loro genitori.  Un disagio enorme, difficoltà inimmaginabili vissute sempre con grande dignità. 

A noi preme soprattutto ricordare che sono occorsi 52 anni interi per vedere esaudita una richiesta della famiglia di poter ricordare nel luogo dell’eccidio i due loro fratelli, barbaramente assassinati dalla ferocia comunista.

E parliamo di ferocia comunista proprio perché è imputabile solo e soltanto a quegli ambienti cosiddetti “progressisti” la lunga trafila delle mancate risposte o i divieti interposti dalle Istituzioni locali (Comune di Roma) e nazionali (Magistratura e Ministero degli Interni dell’epoca) che hanno ritardato per anni l’accoglimento delle autorizzazioni per la realizzazione del murales in ricordo di Stefano e Virgilio Mattei a Primavalle.

Mancate autorizzazioni motivate da improbabili motivi di sicurezza pubblica e per la forte opposizione dei residenti del Parco di case popolari ove maturò quell’eccidio. Così come furono forti le proteste dei residenti di altri edifici in Roma ove si intendeva trasferire quella famiglia rimasta senza una casa. Presunte proteste prodotte dalla paura di dover ospitare un nucleo familiare di “fascisti” cui nessuno poteva garantire che gli autori della strage non avessero provato ancora a farli fuori tutti.

52 lunghi anni che non sono bastati neppure ad assicurare alla giustizia tutti i componenti del feroce eccidio di Primavalle. Tra lunghezza estenuante delle indagini, processi interminabili e fuga all’estero di molti degli attori di quella strage premeditata e rimasta impunita. 52 anni che rappresentano il lungo calvario della giustizia del nostro Paese. Un Paese ove proprio la giustizia non è stata sempre uguale per tutti, come recita la frase che campeggia ogni aula di tribunale in Italia.

Un Paese ove la contrapposizione politica ed ideologica degli anni 70 ed 80 si è tramutata troppo spesso in odio politico, lasciando sul terreno troppi caduti innocenti, sovente giovanissimi. Come Stefano e Virgilio Mattei.

E il clima che si vive in questi ultimi mesi, con la politica che spesso si lascia andare in polemiche pretestuose che travalicano il confronto politico civile e democratico, può facilmente e nuovamente degenerare, alimentando, forse inconsapevolmente, quei pericolosi fenomeni di insofferenza e “disobbedienza civile” che ben conosciamo.