L’ex compagno di squadra al Napoli, e grande amico nella vita, traccia un profilo del Pibe de Oro a un anno dalla sua scomparsa

Sono i giorni del primo anniversario della morte di Diego Armando Maradona, giorni di celebrazione per il più grande giocatore di calcio di tutti i tempi. Tifosi argentini, italiani, napoletani, tutto il mondo del pallone si è stretto nel ricordo del mito. Ma per tracciare un profilo dell’uomo e del giocatore, ecco chi meglio di Salvatore Bagni poteva esserne capace. Lui che di Diego è stato compagno di squadra per 4 anni al Napoli ma soprattutto amico nella vita privata. Un racconto, quello nella puntata di “Quelli che…” andata in onda su Rai2 il 25 novembre, che parte dall’enorme portata pacifica dei messaggi di Maradona che, stando a quanto detto dall’ex centrocampista anche della Nazionale italiana, ha affascinato anche Papa Francesco incontrato poco prima per una commemorazione del Pibe de Oro: «Anche lui era tifoso di Diego, non della stessa squadra – spiega Bagni – perché il Papa è del San Lorenzo mentre Maradona era del Boca, ma tutti gli argentini sono tifosi di Diego. È riuscito ad unire anche River e Boca».  Poi la palla passa ai ricordi del campo: «Se Diego è stato mai fischiato dai tifosi avversari? Certo che sì – spiega Bagni – ricordo il suo esordio a Verona e fu fischiato, ma lui era bello da vedere a prescindere in tutti gli stadi. Era impossibile vedere uno come lui nel resto del mondo». Poi sullo schermo una foto di Bagni e Maradona abbracciati da rivali, dopo un Italia-Argentina 1-1 del Mondiale di Messico 1986: «Segnò anche lì e dovevo marcarlo io… bisognava menarlo per fermarlo? La mattina prima di quella partita ci fu una riunione tecnica – spiega Bagni – e Bearzot chiese chi voleva marcare Diego. Nessuno rispondeva, ho alzato la mano e durante la partita è toccato a me, ma mi ha rispettato. Fu l’unica volta che non ho dato un calcio in una partita. A lui sicuro no…». A Diego no, ma al portiere Pumpido sì e più che un calcetto fu «un modo per ripararsi – spiega Bagni – perché i portieri argentini escono sempre a gamba alta». Da lì scoppiò una rissa e fu proprio Maradona a tirarlo fuori da possibili guai: «Ha anteposto gli interessi miei a quelli della sua squadra, chi vinceva quella partita avrebbe vinto il girone». Grande Diego.  Non solo compagno di squadra, per ben quattro anni, ma anche nella vita: «L’ho avuto vicino più in casa che in campo. Abbiamo passato un mese all’anno a casa insieme dal 1984 al 2012, l’ho vissuto tanto. Era divertente, avevamo ritmi diversi perché io mi alzo alle 6.30 per chiudere la giornata alle 20, lui invece iniziava a mezzanotte che voleva chiacchierare. Per tanto tempo, lo ha salvato vivere in mezzo alla gente. Anche quando stava male, lui voleva parlare e stare con la gente». Sullo sfondo un’altra foto di Bagni e Maradona insieme in una scuola calcio: «Anno 2005, lui si era operato a Cartagena per un bypass gastrico. Arrivò e voleva rifarsi un’immagine. Mi venne un’idea, lo chiamai e gli dissi di venire in estate da noi. Venne e facemmo questa scuola calcio a livello mondiale per ridargli un’immagine, dai 6 ai 15 anni. Avevamo migliaia di iscrizioni – spiega Bagni – ma con 60/70 persone ce l’abbiamo fatta. Lo andavo a svegliare la mattina e lui mi diceva “mi puoi scrollare un po’ meno che mi sveglio lo stesso”. Nel 2005 rispettava molto gli orari, poi veniva con altre persone che avevano lo stesso problema. Gli dissi che eravamo in Romagna e gli orari erano diversi da quelli che avevo io – continua Bagni – per me vivere con lui, come famiglia, è stato sempre un piacere». «L’ultima volta che l’ho visto lo sono andato a trovare con la mia famiglia nel 2012, dopo ognuno ha fatto la propria vita. Poi purtroppo la situazione è peggiorata, con Claudia la moglie e le figlie ci sentiamo sempre. A casa ho vissuto con tutte le sue generazioni». Di nuovo sullo schermo Maradona che intervista Bagni dopo la vittoria del primo scudetto del Napoli, giù commozione: «Lo sento ancora qui. Sento parlare tutti dopo la sua scomparsa, ma chi l’ha vissuto come noi – conclude Bagni – sa bene che era altruista, generoso, forse anche troppo. Le persone giudicano senza sapere. Diego è stato grande soprattutto fuori dal campo».

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