Ammonta a circa 66 miliardi, vale a dire a più di un terzo dei fondi complessivamente disponibili, l’importo del Pnrr che dovrebbe essere gestito dagli enti locali. Lo ribadisce una recente indagine dell’Ance, l’Associazione dei costruttori edili italiani. Dallo studio emerge che le Regioni del Sud hanno già accumulato un sensibile ritardo nella spesa, sia nei confronti di quelle del Nord, sia ancor più rispetto a quelle del Centro Italia. Per Anna Lepre, Direttore del Centro Studi Lepre Group, la speranza di una svolta è legata a un decreto legge che il Governo dovrebbe approvare entro la fine di gennaio.

Cosa potrebbe cambiare?

Molto o poco, dipende da rigore con cui verranno perseguiti gli obiettivi del provvedimento. In ogni caso, si tratta dell’unica strada praticabile per rimediare a una situazione che si fa facendo insostenibile. Il decreto legge dovrebbe, tra l’altro, delimitare i poteri delle Soprintendenze, contenere i tempi delle Conferenze di servizi, rivedere la procedura di valutazione di impatto ambientale, eliminare una serie di inutili sovrapposizioni e duplicazioni di competenze tra enti diversi.

Cosa si rischia, in caso contrario?

Semplice: di perdere i soldi che ci sono stati assegnati. Dobbiamo sempre aver presente che, per il Pnrr, le scadenze sono molto più ravvicinate rispetto a quanto accade per i fondi strutturali: ogni opera finanziata col Piano deve infatti essere completata entro il 31 dicembre del 2026. Il tempo passa, ma a giudicare dalla lentezza con la quale si muove l’intero carrozzone amministrativo, specie nel Meridione, l’ipotesi di un clamoroso fallimento è tutt’altro che remota.

Perché il Sud procede a rilento?

Perché le strutture amministrative sono inferiori per organico, sia sotto il profilo meramente quantitativo, sia per quello delle competenze presenti.

Ma il Pnrr finanzia anche nuove assunzioni proprio a questo scopo!

Già, ma pensare che nell’arco di tempo considerato, a cambiare prassi perverse della burocrazia basti l’immissione di qualche migliaio di giovani, è davvero peccare di ottimismo! Le assunzioni si devono fare naturalmente. Ma è già molto discutibile che siano state previste a tempio determinato. Il Presidente dell’Associazione dei Comuni italiani, il Sindaco di Bari Antonio Decaro, ha giustamente osservato che è molto difficile per un giovane ingegnere, che trova sicuramente occasioni nel mercato del lavoro privato, accettare di partecipare a concorsi pubblici senza neppure la garanzia del lavoro a tempo indeterminato. E poi, al di là di tutto, c’è il problema delle scadenze.

Intende dire che non si fa in tempo a integrare i nuovi assunti che già scocca il termine assegnato per la realizzazione delle opere?

A giudicare dall’andamento deludente dei concorsi, con un numero di ingressi inferiore nettamente a quello preventivato, di questo passo si rischia di completare i nuovi organici per il 2026, altro che integrare e rendere così funzionali i nuovi assunti! È peraltro evidente che non bastano i nuovi ingressi, ci vuole un forte affiancamento alle strutture periferiche di una task force centrale, strutturata con competenze adeguate. E serve, naturalmente, il complesso di semplificazioni e snellimento procedurale di cui il decreto legge sembra si farà carico.

Non teme che si rischia di cadere dalla padella alla brace?

No, almeno in linea generale. Se intende dire che alcune autorizzazioni e conseguenti valutazioni di pubblici funzionari sono necessarie per salvaguardare valori come la sicurezza del lavoro, la tutela ambientale, la salvaguardia del patrimonio artistico e storico culturale, rispondo che questa è ricchezza del Paese su cui non si può derogare, ci mancherebbe! Ma non è possibile che, per assicurare il conseguimento di questo scopo, in Italia e ancora di più nel Mezzogiorno, si impieghi il triplo o il quadruplo del tempo occorrente ad altri Paesi occidentali. Così continueremo un declino che già nel recente passato ci ha visto perdere, come Paese, numerose posizioni nelle graduatorie della produttività e competitività. Non possiamo permettercelo, così come non possiamo buttare all’aria l’occasione storica, offerta dal Pnrr, di ridurre il divario tra Nord e Sud.

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