Per le imprese giovanili, quelle con la maggioranza di titolari o soci con età inferiore a 35 anni, scatta l’allarme. Alla fine del 2022 in Italia risultavano poco più di 522 mila, quasi 39 mila in meno dell’ultimo anno pre-pandemia, il 2019. Una elaborazione svolta dalla Camera di Commercio dell’Umbria sui dati Infocamere-Unioncamere ci ha segnalato peraltro che il trend dura da molto più tempo e che nel 2011 questa tipologia di imprese contava ben 697 mila unità. Insomma, in poco più di dieci anni è andato perso un quarto del patrimonio di creatività imprenditoriale rappresentato dagli under 35. Le dimensioni dell’emorragia di imprese si aggravano nettamente se si guarda al Mezzogiorno. Se infatti, tra il 2019 e il 2022, regioni come Piemonte ed Emilia Romagna accusano una flessione limitata all’1,5%, se la Lombardia perde due punti percentuali, in Campania si scivola per il 9,2%, in Sicilia si registra un -11,8%, in Calabria un -13%, in Molise addirittura un -16,5%. C’è insomma un caso Sud all’interno di un panorama nazionale di per sé preoccupante. E si tratta di un problema di non poco conto, se si pensa all’importanza delle imprese giovanili come fonte di occupazione per un territorio meridionale oberato da diseconomie d’ogni genere e segnato da sempre dalla questione lavoro. Ad attestarlo sono gli stessi dati, che dicono come ancora oggi le realtà under 35 rappresentino l’11,3% delle imprese in Campania, l’11% in Calabria, il 10,1% in Sicilia, il 9,9% in Puglia. Incidono, insomma, molto di più che al Nord, dove si passa dal 7,1% dell’Emilia Romagna al 7,3% del Veneto e del Friuli Venezia Giulia. La Campania, anzi, costituisce tuttora una regione leader, seconda assoluta in Italia, mentre una città come Napoli per numero di imprese si colloca dietro soltanto a Roma e a Milano. E’ quindi molto importante contrastare l’andamento negativo degli ultimi lustri, con politiche che, a ogni livello istituzionale, incentivino l’iniziativa dei giovani nei settori imprenditoriali a più alto valore aggiunto e con prospettive di mercato più promettenti. Ma non basta. Occorre anche prevedere strumenti che favoriscano la tenuta nel tempo di realtà che, a quanto pare, hanno cicli di vita inferiori a quelle analoghe che nascono nel Centro-Nord. A questo riguardo sarà fondamentale che le risorse considerevoli a disposizione per ridurre il divario territoriale, a cominciare dal Pnrr, assicurino servizi qualificati alle imprese meridionali attualmente carenti e, potenziando strutture amministrative deficitarie, riducano i danni di una burocrazia spesso all’origine del fallimento di tante imprese del Sud, non solo giovanili!