Le classifiche sono sempre opinabili, anche se a stilarle è un quattordicinale prestigioso come Time. E’ discutibile ad esempio il fatto che tra le cinquanta località più belle al mondo nel 2023 figurino soltanto due perle italiane. Di sicuro, non vi sono dubbi invece sulla scelta di Napoli, oltre che di Pantelleria, fatta dalla rivista americana. Il capoluogo partenopeo, tra l’altro, ha sfiorato la top ten, collocandosi al dodicesimo posto. Ma, dietro il risultato, vi sono motivazioni di grande interesse. Time, parlando di Napoli, sottolinea il fatto che ora nella città si arriva per restarci e non come meta di passaggio. Spiega senza tanti fronzoli che la rinascita della città è trainata anche dagli adattamenti Hbo e Netflix dei romanzi di Elena Ferrante, dalle recenti scoperte di Pompei, da operazioni di altissimo profilo artistico culturale, come l’apertura delle nuova sede delle Galleria d’Italia, con l’esposizione del Martirio di Sant’Orsola del Caravaggio. Insomma, non basta la straordinaria bellezza del paesaggio naturale a rendere unica l’esperienza di chi viaggia. Il fattore determinante è rappresentato da un fermento culturale, una rinnovata consapevolezza delle potenzialità espressive, comunicative e di marketing, che sta trasformando gradualmente il capoluogo campano, riportandolo ai fasti di un tempo. Napoli, si legge su Time, “finalmente gode di una reputazione che corrisponde al suo passato dell’età dell’oro”. Il riconoscimento di Time non è un episodio, rientra in una maggiore attenzione che gli statunitensi (e non solo) stanno riservando alla città. Anche per i suoi valori sportivi, come dimostra l’intervista a Kvaratskelia pubblicata giorni fa sul New York Times. Tra gli effetti della inarrestabile ondata turistica che si riversa sulla metropoli, c’è un considerevole aumento dei prezzi, dalla ristorazione agli alberghi, agli stessi b&b. Incrementi non giustificabili solo con l’inflazione che da mesi ha ripreso a correre. I costi di un soggiorno a Napoli restano comunque contenuti rispetto a quelli di altre città d’arte e non è affatto detto che i rincari siano in sé portatori del rischio di un’inversione di tendenza. È anzi auspicabile che l’innalzamento delle tariffe sia espressione anche di un miglioramento complessivo dell’offerta. Meno low coast, più qualità, potrebbe essere la parola d’ordine per garantire al fenomeno del boom turistico mediatico di durare e consolidarsi negli anni.