Ci sono diversi aspetti che non convincono, relativamente al disegno di legge Calderoli sull’autonomia differenziata approvato dal Governo per poi seguire il tortuoso iter, non solo parlamentare, che lo porterà al varo definitivo. In questa sede poniamo due questioni che appaiono eclatanti. La prima riguarda i cosiddetti Lep, vale a dire i livelli essenziali di prestazione. In un Paese unito bisognerebbe cercare con rigorosa determinazione di ridurre le diseguaglianze tra i territori. Se, ovviamente, non è possibile imporre un avvicinamento dei redditi dei privati (non siamo nella vecchia Unione Sovietica!), si possono promuovere, come peraltro sta facendo il Governo Meloni con la sua strategia finalizzata a realizzare in Italia l’hub energetico europeo, condizioni che, oggettivamente, agevolino lo sviluppo di aree in ritardo come il Mezzogiorno. Quello che non si può fare per il privato, si dovrebbe per le strutture e i servizi pubblici. Cercare, quindi, di uniformarne disponibilità e prestazioni. E se non è possibile nell’arco di pochi anni, quanto meno proporre un percorso di graduale, sensibile, avvicinamento tra le due Italie. Puntare a definire livelli essenziali, e non uniformi, delle prestazioni, è quindi di per sé un ripiego. Si potrebbero determinare, per le materie in cui sono concepibili i Lep, degli standard ‘mediocri’, per lo più già assicurati dalla situazione preesistente, a fronte dei quali cristallizzare l’attuale ripartizione della spesa, che consente al Nord di usufruire di condizioni largamente di vantaggio rispetto al Sud, come documentato dai conti pubblici territoriali. Un altro punto molto critico dell’autonomia differenziata, così come richiesta dalle Regioni del Nord e di fatto condivisa dal Ministro leghista, è l’ampiezza delle materie che dovrebbero essere trasferite. I Lep hanno un ruolo per istruzione e mobilità locale. Ma si chiede di trasferire anche le competenze su porti, aeroporti, tratti autostradali e grandi infrastrutture, musei, protezione civile, commercio con l’estero, rapporti con l’Europa. Nel caso delle ‘materie Lep’, il trasferimento alle Regioni, secondo il Ddl Calderoli, è possibile solo dopo la definizione dei livelli (che manca da anni e anni) e il finanziamento eventuale alle aree in ritardo, necessario per consentire di raggiungerli. Per tutto il resto, come ha tenuto a sottolineare il Ministro, non ci sono problemi. Si può procedere appena finito l’iter. C’è da chiedersi, a quel punto, cosa resterebbe dei poteri dello Stato nazione.