Al museo archeologico Marta di Taranto una mostra chiamata semplicemente Penelope, la donna del mito di Omero torna a raccontarsi al mondo contemporaneo attraverso 50 opere provenienti da tutto il mondo che dialogano con circa 40 reperti archeologici del museo fino al 6 Luglio. Oggetti, vasi, dipinti, opere in creta tra antico e moderno che si ispirano alla moglie fedele di Odisseo. Questa mostra non esprime solo l’immagine della donna che aspetta il ritorno del marito tessendo la tela ,ma una Penelope che resiste pazientemente per vent’anni. Regina tenace che governa da sola il regno di Itaca tenendo a bada la cupidigia di oltre cento uomini che mirano al trono e minacciano il futuro di suo figlio Telemaco. Più astuta del marito una figura no passiva, ma attiva nella difesa della sua casa, del suo regno e della sua famiglia. Una donna sopravvissuta che si difende da uomini che la vorrebbero sottomessa. Filo conduttore della mostra è il telaio ,oggetto che rappresenta la forza dell’eroina e delle donne stesse che nel corso dei secoli con pazienza e passione si sono ribellate ai pregiudizi. Per la prima volta sono esposti i piombetti da telaio provenienti dai depositi del museo, simbolo della fine arte della tessitura a telaio che ha radici profonde e che mai cessa di esistere. Infatti la mostra omaggia anche una Penelope contemporanea : l’artista sarda Maria Lai, scomparsa nel 2013, attraverso i suoi celebri telai e libri cuciti di stoffa che hanno rinnovato coniugando tessitura e scrittura l’arte tessile sarda regalandola al mondo. Quattro sezioni della mostra che mostrano Penelope in tutte le sue sfaccettature di donna, dalla raffigurazione classica del telaio all’immagine nella Lastra Campana in cui Penelope è malinconica e sfuggente, dalla raffigurazione dormiente a quella iconica di pudore e modesta attraverso il velo che la protegge dal mondo. La Penelope attendente e sfidante narrata come donna e persona reale in cui il mondo moderno continua a identificarsi. Protagonista indiscusso il vaso di Chiusi, ceramica a figure rosse del 440 a.C. che raffigura l’amore genitoriale di Penelope per Telemaco. Dalla raffigurazione traspare la sofferenza e l’angoscia per il futuro del figlio che si accinge a partire per ritrovare il padre, la regina che riflette per cercare soluzioni, donna sola di notte e di giorno che tenacemente resiste.