Il mondo dell’agricoltura sul piede di guerra, e il governo cerca di trovare le misure adatte a far rientrare le proteste visto che oggi come mai il settore è fondamentale per la sopravvivenza del genere umano.
In Italia poi, dove la questione è aperta da decenni, si è arrivati ad un punto di rottura con le maestranze in trincea contro l decisioni del governo in linea con le indicazioni dell’Europa. Ma pare che qualcosa si stia muovendo a Bruxelles come anche a Roma.
Sull’argomento è intervento l’analista economico Pietro Paganini professore alla John Cabot e alla Temple University di Philadelphia: “Gli interventi del governo, e in particolare la cancellazione dell’IRPEF a favore degli agricoltori, sono certamente utili più per tamponare l’emergenza politica che per contribuire a risolvere i problemi gravi e strutturali del settore. Servono semplicemente a nascondere il problema, dilatarlo nel tempo, e passarlo ai governi e alle generazioni successive, nel tentativo di raccogliere consensi”.
“Il Governo Meloni -prosegue l’economista Paganini – continua a comportarsi come i governi precedenti, introducendo misure urgenti che finiscono per complicare il già ingarbugliato sistema fiscale italiano e non risolvono la questione, e nemmeno ci provano”.
“ Governo, maggioranza e opposizione, gli agricoltori con le loro sigle, accademici e analisti, dovrebbero presentare delle proposte di riforma radicale del settore, sedersi intorno a un tavolo, discuterle e trovare una negoziazione vincente. L’obiettivo è quello di riformare il settore per renderlo finalmente competitivo in un contesto di geopolitica alimentare. L’Italia è un ottimo esportatore ma è anche un importatore netto perché non siamo autosufficienti, quindi anche lo stesso made in Italy va interpretato come un marchio da vendere e non come una filosofia protezionista irrealistica, goffa e pericolosa”.
“La filiera alimentare va ridisegnata, accorciando le filiere ed eliminando quelle parti politicamente forti (come taxisti e balneari) ma inefficaci e costose dal punto di vista produttivo. Dobbiamo uscire dall’idea delle filiere lunghe e guardare a modelli efficaci”.
Il Prof. Paganini poi continua: “il ‘piccolo e bello’ non funziona in un contesto globale. Occorre consolidare le tante piccole e medie realtà agricole in organizzazioni più ampie per raggiungere economie di scala. Il settore va modernizzato introducendo la cultura dell’innovazione in un ambiente che favorisce gli investimenti che solo realtà grandi possono permettersi. L’agricoltura intelligente o di precisione non può essere solo un titolo per versare fondi a pioggia ma un modus operandi per rendere efficiente la capacità innovativa e produttiva. Se nè il governo nè i partiti attuali hanno il coraggio di intraprendere questo processo di riforma è importante informare i cittadini in modo che ne siano consapevoli e possano fare le loro scelte alle prossime elezioni”, ha concluso Paganini.
Una visione realistica di un settore come quello dell’agroalimentare soggetto non solo alle influenze dei cambiamenti geopolitici, ma anche e soprattutto ai condizionamenti politici. Dopotutto innovare è la parola d’ordine che gli Stati si stanno dando da tempo, e alla quale anche l’Italia dovrà accodarsi.