Napoli – Lo spettacolo teatrale “Viviani Bohème studio per una messa in scena da La Bohème dei comici di Raffaele Viviani” diretto dal regista Francesco Saponaro si presenta come un ‘atto di accusa’ vibrante e poetico nei confronti dell’evoluzione (o involuzione) del teatro contemporaneo, dove il palcoscenico sembra sempre più spesso piegarsi alle logiche del consenso digitale, privilegiando influencer o personalità dalla popolarità effimera, a discapito dell’arte e della tradizione teatrale.
Attraverso una narrazione drammaturgica di Domenico Ingenito, Francesco Saponaro e Allert Comedy per i numeri di stand-up, lo spettacolo fonde momenti drammatici, spunti ironici e importanti momenti in cui la musica, protagonista della scena, ha contribuito a creare un’atmosfera vivace e dinamica. Le musiche originali, riscritte dal M° Mariano Bellopede, rappresentano un perfetto connubio tra le melodie tradizionali e la musica contemporanea sostenuti da un’orchestra dal vivo così composta: pianoforte Mariano Bellopede, flauto e sassofono Carmine Marigliano, violoncello Arcangelo Michele Caso, contrabbasso Daniele De Santo, batteria Marco Fazzari.
Il regista Francesco Saponaro pone al centro della scena la figura di Raffaele Viviani. Drammaturgo, attore e poeta profondamente radicato nella cultura napoletana, Viviani diventa qui una sorta di spettro del passato, un simbolo del teatro che fu. La sua disperata ricerca di un palcoscenico su cui esprimersi e portare la propria arte si scontra con l’indifferenza di un sistema che sembra ignorare il valore autentico della cultura a favore di ciò che è facile e immediatamente vendibile.
Tra le scene più intense e di grande spessore emotivo si colloca quella della morte di Pulcinella, figura iconica interpretata da Mauro Collina e che, nello spettacolo, abbandona definitivamente la sua natura di maschera tradizionale legata agli usi e costumi partenopei. Pulcinella, simbolo di un’identità culturale autentica, è diventato nella società contemporanea un personaggio svuotato e relegato a mera immagine commerciale, spesso associata alla vendita di prodotti tipici come pizza, babà e souvenir turistici. Questa morte, straziante e simbolica, rappresenta la fine di un’epoca e la riduzione di una cultura ricca e complessa a un brand superficiale, privo di profondità artistica.
Mauro Collina, con la sua interpretazione, ha dato nuova vita alla maschera di Pulcinella rendendola capace di evocare riflessioni più profonde sulla condizione umana. Ha rinnovato il fascino di una maschera iconica, mantenendo intatti il suo spirito e la sua autenticità.
La regia di Saponaro brilla per la capacità di alternare momenti di intensa riflessione a scene cariche di energia musicale. I canti e le musiche dal vivo non sono semplici cornici decorative, ma veri e propri strumenti di narrazione, in grado di evocare la nostalgia di un teatro che non esiste più e, allo stesso tempo, il vuoto culturale del presente.
I temi affrontati sono universali e profondamente attuali: il teatro come luogo di autenticità, il sacrificio dell’arte sull’altare della notorietà, la lotta per il riconoscimento di chi, come Viviani, ha dedicato la vita a un’arte che oggi sembra essere dimenticata.
Tra gli interpreti di grande talento e spessore artistico spiccano gli attori Giorgio Pinto che ha interpretato brillantemente il personaggio di Raffaele Viviani, mettendo in luce i tratti più complessi e intensi della figura del celebre drammaturgo. Il suo particolare tono di voce, carico di sfumature emozionali, ha saputo enfatizzare con grande efficacia i momenti più drammatici e significativi della carriera di Viviani. Attraverso la sua interpretazione, Pinto ha dato vita a un Viviani autentico, restituendone le fragilità, le passioni e il genio creativo. La sua capacità di dosare pathos e introspezione ha contribuito a delineare un ritratto vivido e toccante, che ha reso omaggio al grande autore napoletano. L’attrice Rossella Di Lucca, invece, nelle vesti di Ginetta, giovane artista in cerca di opportunità lavorative, ha conquistato il pubblico non solo grazie alle sue straordinarie doti interpretative, che denotano un grande spessore artistico, ma anche con le sue spiccate abilità canore e i movimenti coreografici, eseguiti con precisione e perfezione, mantenendo costantemente equilibrio e forza. La perfetta sinergia tra recitazione, canto e danza ha dimostrato la versatilità e il talento poliedrico di Rossella Di Lucca, lasciando il pubblico affascinato e profondamente emozionato. Tiziana De Giacomo, invece, con toni minacciosi e aggressivi e un’andatura “feroce” ha reso il suo personaggio di impresaria teatrale una figura di grande impatto scenico, incarnando con intensità e carisma un ruolo che trasmetteva autorità e determinazione. Anche l’attore Danilo Rovani nei panni di Bellipieri, anarchico indipendente, ha dimostrato una straordinaria padronanza scenica, con una presenza solida e carismatica che ha contribuito a mantenere l’equilibrio narrativo e il coinvolgimento emotivo degli spettatori.  Domenico Palmiero ha dato al suo personaggio, De Simone, impresario teatrale “sciupafemmine”, una vivace interpretazione, rendendo il personaggio  un seduttore incallito pieno di sfaccettature che ne rivelano le ambiguità e le contraddizioni. Gaetano Amore, nei panni di Savio, giovane tenore diplomatosi al Conservatorio,  ha interpretato con maestria un moderno Pavarotti, incantando il pubblico con le sue straordinarie abilità canore. La sua voce, potente e melodiosa, ha donato al personaggio un’aura di autenticità e grande fascino, rendendo ogni esibizione un momento di pura emozione. Amore con una presenza scenica carismatica e un’intonazione perfetta, ha trasmesso non solo il talento, ma anche tanta umanità.
Ma tra gli attori in scena spiccano anche Jorgelina Alioto, Gianni Caputo, Iole Caròla, Davide Chiummo, Nicola Conforto, Alessandra De Concilio, Anna Ferraioli, Sara Guardascione, Flavio Massimo, Valentina Merlo, Myriam Nissim, Roberto Pappalardo, Luca Saltarelli e Libera Tarallo. Tutti straordinari interpreti  guidati dalla sapiente mano di Saponaro e che hanno dato vita a un affresco corale che emoziona e fa riflettere, riportando al pubblico il senso del teatro come specchio critico della società.
Questo spettacolo è, dunque, una denuncia amara ma necessaria, che invita a interrogarsi su cosa significhi fare teatro oggi. È un grido d’allarme e, insieme, un omaggio sentito a tutti coloro che, come Viviani, hanno fatto del teatro non solo un mestiere, ma una missione. Saponaro riesce a commuovere e scuotere, lasciando il pubblico con una domanda fondamentale: stiamo davvero valorizzando il nostro patrimonio culturale o lo stiamo sacrificando al culto dell’effimero?
In un panorama teatrale sempre più affollato di “personaggi” piuttosto che di “interpreti”, Saponaro ci ricorda che il vero spettacolo è fatto di sudore, talento e dedizione. E questo spettacolo, con la sua forza e la sua autenticità, ne è la prova lampante.