Cambiare le denominazione dei Ministeri non è un esercizio di stile. Ne è convinta Anna Lepre, Direttore del Centro Studi di Lepre Group, che in questa intervista ci spiega perché.

Cosa cambia se il Ministero della Transizione ecologica non si chiama più così?

E’ un chiaro segnale di voler abbandonare un approccio ideologico alla questione ambientale. Il concetto di transizione dà l’idea di una svolta epocale. Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, evidentemente, ha voluto evitare di perpetuare anche nella denominazione del Ministero il senso di una sorta di integralismo interventista, per cui ogni piano e iniziativa dovesse passare il vaglio del possesso o meno di requisiti tali da implementare la pur necessaria trasformazione ambientale. Chiamare il Ministero semplicemente ‘dell’Ambiente e della Sicurezza energetica’ indica obiettivi fattuali senza professare una sorta di fede.

Ma in tal senso non si cozza con le linee guida di Bruxelles?

Nella forma ci si differenzia un poco, magari, ma nella sostanza non direi. Se il Governo sarà attento a perseguire il rispetto di indicatori condivisi a livello di Unione europea, non vedo quale sia il problema. E’ importante tuttavia distinguere gli obiettivi dalle modalità per raggiungerli, che possono essere diverse caso per caso.

Anche l’abbandono dell’espressione Mobilità sostenibile rientra in questo discorso?

Esattamente. E, di sicuro, non perché Giorgia Meloni intenda trascurare l’importanza di realizzare infrastrutture e di gestire linee di comunicazione su strada, ferro, mare o aria senza aggravare, ma anzi riducendo, emissioni di anidride carbonica e altre forme di inquinamento. Il ritorno alla denominazione più tradizionale di Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti indica, se mai, un approccio più classico, e probabilmente più equilibrato. Il compito del Ministro Salvini sarà di occuparsi di quelle due questioni, e, nel farlo, naturalmente dovrà porsi il problema della sostenibilità. Ma questa non deve diventare una sorta di sigillo per ogni iniziativa che si vada ad avviare, anche laddove abbia poco a che fare con l’obiettivo della mobilità sostenibile.

Per la verità, oltre ai cambi di nomi ci sarebbe da interpretare anche la consistenza di certe deleghe…

E’ vero. Per questo aspetto, paradossalmente, si può ribaltare il discorso fatto per i due ministeri precedenti. In qualche caso, infatti, attenersi esclusivamente al nome del Ministero può risultare ingannevole.

Ha un esempio in particolare da fare?

Mi sembra evidente che il Ministro del Sud e del Mare, in base alle deleghe assegnategli, debba occuparsi di Protezione civile e di concessioni balneari, piuttosto che di nodi fondamentali per lo sviluppo del Meridione. Ma ciò non significa che non vi sia a tal riguardo un punto di riferimento. Si tratta di Raffaele Fitto, Ministro per gli Affari europei, le Politiche di Coesione e il Pnrr. Chi, insomma, sovraintenderà all’utilizzo delle risorse finalizzate a ridurre il gap del Mezzogiorno con il resto del Paese, al fianco delle Regioni, sarà lui. Non certo Nello Musumeci.

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