Sono da poco passate le 18 ora italiana di un Venerdi di Marzo davvero funesto. Nel grande e modernissimo teatro nella periferia di Mosca”, il “Crocus City Hall”, sta per andare in scena un concerto dei “PICNIC”, un gruppo rock molto conosciuto e apprezzato non soltanto in Russia. Un concerto che aveva richiamato migliaia di persone di ogni età, come risulta dal numero di biglietti di ingresso venduti al botteghino: oltre 6.200. Improvvisamente, e prima ancora che iniziasse la performance del complesso rock, si avvertono forti detonazioni, scambiate dai presenti per fuochi d’artificio. Immediatamente dopo si materializzano all’interno della sala e intorno al palcoscenico del teatro 4 o 5 persone armate e vestiti con tute mimetiche che iniziano a sparare sulla folla con criminale determinazione, ma alla rinfusa. Il loro obiettivo sembrerebbe quello di fare un gran numero di vittime e di creare il maggior danno possibile alla struttura modernissima che ospita il concerto. Da qui le raffiche indiscriminate sul pubblico presente e il lancio di bombe sul tetto del teatro che in pochissimo tempo prende fuoco e crolla parzialmente. Una autentica bagarre, con un fuggi fuggi generale per cercare scampo dai proiettili di mitra e i pezzi infuocati del tetto del teatro che piovono in ogni dove. Dal palcoscenico alle poltroncine divorate dal fuoco. Tutto intorno, nei corridoi verso l’uscita del teatro, il pavimento é disseminato di cadaveri. Se ne conteranno, purtroppo, più di cento e il numero ufficiale é ancora incerto. Uno scenario assolutamente agghiacciante che evoca un altro attentato di qualche anno addietro (2015). Uguale la scelta del luogo: una sala concerti. Uguale la metodologia dell’agguato: un gruppo di terroristi armati e mischiati tra i giovani che assistevano ad un concerto. Uguale la tecnica omicida: raffiche di mitragliatrice tra la folla inerme e inconsapevole. In quel caso eravamo a Parigi e il luogo del massacro fu la sala dei concerti denominata Bataclan, ove si contarono 90 vittime della follia omicida di matrice islamica. Ad un solo giorno dal tragico evento e malgrado la rivendicazione dell’Isis giunta puntualmente in nottata, non é certo ancora possibile attribuire con certezza la paternità di questo ennesimo fatto di sangue che ha bagnato la capitale europea. Tuttavia e come dicevamo, la metodologia e le analogie di questo attentato di Mosca con le tecniche adoperate dagli assalitori del Bataclan ed altri simili attentati in mezza Europa, lascerebbero propendere gli investigatori di mezzo mondo per l’ennesimo attentato terroristico jihadista. Con ciò smentendo ogni eventuale attribuzione dell’attentato ai servizi segreti o a gruppi di sabotatori dell’esercito ucraino. infatti, in una fase immediatamente successiva all’attentato del “Crocus City Hall” di Mosca, era rimbalzato nei palazzi di Governo Russi per bocca principalmente dell’ex presidente russo, il falco Medvedev, l’ammonimento al Governo ucraino sulla uccisione di tutti i componenti del governo di Kiev, laddove fosse accertata la responsabilità di costoro nell’attentato al teatro moscovita. Ma anche Putin nell’appello televisivo alla popolazione Russa insiste nell’adombrare una responsabilità dell’Ucraina nella organizzazione dell’attentato. Verosimilmente per trarne un immediato vantaggio nella sua personale e capotica “Operazone militare speciale” contro un Paese Sovrano, iniziata oltre due anni or sono e ancora in corso, con morti e feriti dalle due parti, che ormai non si contano più.
La realtà dei fatti sembra assai diversa. E poi ci si dovrebbe interrogare sulla utilità per il governo ucraino in guerra con Mosca da due anni, di programmare un simile e vigliacco attentato sulla popolazione inerme e innocente, che avrebbe tra l’altro disorientato tutti i Paesi occidentali che sostengono Kiev in questo conflitto, con l’inevitabile sospensione di ogni aiuto militare e non soltanto, a favore dell’Ucraina.
Noi riteniamo, piuttosto, che proprio all’indomani della riconferma di Putin alla guida della Russia, siano riemerse e riemergeranno ancora quei contrasti antichi e laceranti tra il governo di Mosca e le popolazioni a maggioranza musulmana delle Repubbliche di Inguscezia, Cecenia, Tatarstan, Baschiria, Daghestan. Per non parlare della Repubblica del Tagikistan. Popoli che rivendicano da sempre maggiore autonomia dalla Federazione Russa. E che contestano fortemente, in questa fase, il ricorso a tanti giovani di queste Repubbliche satelliti, utilizzati quali serbatoi di combattenti per la guerra in ucraina. Mentre, si accusa il Governo di Mosca di salvaguardare i giovani russi delle città (Mosca e San Pietroburgo soprattutto) scientificamente esclusi dalla leva obbligatoria. E parrebbe un dato di fatto, piuttosto che una diceria, facilmente riscontrabile attraverso una veloce visita nei cimiteri di queste Repubbliche, disseminati di caduti in guerra. Al netto di tanti dispersi o prigionieri di guerra che non hanno più fatto ritorno alle loro famiglie. E’ in questo contesto che vanno ricercate, a nostro avviso, le ragioni del malcontento strisciante delle popolazioni musulmane della Federazione Russa. Popolazioni notoriamente e storicamente avverse e fortemente critiche con il potere accentratore e illiberale moscovita.