ROMA – La migrazione dei cervelli, anzi, dei talenti, come si dice oggi, continua ad avere un prezzo elevatissimo per il nostro Paese. Alcuni dati ci dicono che per ogni cittadino europeo che si stabilisce in Italia ce ne sono 17 italiani che espatriano. I dati sulla migrazione di talenti, frutto di un’indagine di Tiuk (Talented Italians in the UK), danno ampiamente conto di quello che non è solo un depauperamento sociale e culturale, ma costituisce anche un danno economico, visto che la formazione di un laureato costa mediamente circa 164 mila euro. Il saldo negativo per l’Italia nei confronti dell’estero è di ben 4,5 miliardi l’anno.  Bisogna offrire più opportunità ai nostri giovani, per impedire che il fenomeno continui. Occorre il concorso di due fattori. Da un lato, una politica che incentivi la ricerca di personale qualificato e, nei limiti delle possibilità non esaltanti offerte dal bilancio pubblico, sostenga le imprese che provvedano a tal fine. Su un altro piano, un impegno delle aziende per avvicinare i livelli retributivi di figure professionali qualificate agli standard di altri Paesi nostri concorrenti. Detto in altri termini, le strategie competitive devono puntare sull’innovazione e non su un basso costo del lavoro che, alla lunga, finisce per abbassare la produttività media dell’impresa.   Uno degli errori del passato che non vanno ripetuti consiste, da parte dei diversi livelli istituzionali, delle associazioni categoriali e dei vertici aziendali, nel pensare al Sud Italia come serbatoio di lavoro qualificato di riserva, dove si possa attingere per compensare le carenze riscontrate al Nord.  Si può anche essere d’accordo sulla misura di sostegno per gli alloggi chiesta da Confindustria per i lavoratori che si allontanano dai territori di origine, ma a patto che sia concepita come temporanea, non strutturale. Se vogliamo rilanciare questa nazione, bisogna seguire la direzione di marcia autorevolmente e inequivocabilmente indicata dalla Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni: il Mezzogiorno deve diventare il nuovo motore produttivo della Penisola. Per procedere al riguardo, vanno create nel Sud condizioni attrattive per gli investimenti, comprese retribuzioni idonee a impedire la prosecuzione della fuga dei cervelli. L’obiettivo deve essere quello di assicurare opportunità concrete per restare nel proprio territorio, fornendo un apporto qualificato e creando valore aggiunto. Ci sono risorse e strumenti, come la Zona economica speciale unica, per agevolare l’operazione, ma la cosa sarà possibile se si remerà tutti nel verso giusto. Indirizzando, ad esempio, a Sud grandi investimenti di aziende estere che invece, ancora in tempi recenti, sono stati orientati verso il Nord dello Stivale.