“Il debito italiano è in gran parte detenuto da cittadini italiani, che continuano a mostrare fiducia nel Paese. Tuttavia, è essenziale che venga utilizzato per investimenti produttivi e non per spese improduttive. Le politiche attuali puntano a sostenere l’economia reale e favorire la crescita. A livello europeo, un debito comune potrebbe essere utile solo se finalizzato a investimenti strategici e non gravato da eccessiva burocrazia o squilibri tra Stati membri. Serve un approccio prudente e responsabile”. Lo ha dichiarato Andrea Tremaglia, deputato di Fratelli d’Italia in Commissione Bilancio alla Camera, nel corso delCnpr Forum ‘Le sfide della sostenibilità economica in un mondo sempre più indebitato’ promosso dalla cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili, presieduta da Luigi Pagliuca.
Secondo il senatore Mario Turco, vicepresidente nazionale del Movimento Cinque Stelle “il problema principale non è l’alto livello del debito, ma la stagnazione economica causata da tagli agli investimenti e allo stato sociale. Il Patto di stabilità e la guerra dei dazi rischiano di spingere l’Italia e l’Europa verso la recessione. È necessario contrastare il piano di riarmo europeo e le lobby finanziarie, che sottraggono risorse a sanità, pensioni, scuola e giovani. Bisogna difendere l’economia reale e riscrivere le regole del capitalismo per tutelare la democrazia economica e garantire accesso al capitale e al lavoro dignitoso”.
Vito De Palma, parlamentare di Forza Italia in Commissione Finanze a Montecitorio, ha rimarcato che ”la sostenibilità dipende da diversi fattori. “Fino a poco tempo fa il costo del debito era molto basso grazie anche alle politiche delle banche centrali. Man mano che i tassi salgono il debito pubblico diventa sempre più oneroso e quindi quello dei tassi d’interesse è un problema notevole per quanto concerne l’impatto sulla sostenibilità. La crescita economica è un altro fattore scatenante, se il prodotto interno lordo cresce più velocemente del debito. Il rapporto debito Pil può restare sostenibile laddove si verifichi una crescita debole. Senza riforme strutturali, senza investimenti produttivi il debito rischia di diventare un freno piuttosto che uno strumento di sviluppo. Anche la credibilità finanziaria fa la sua parte, la fiducia degli investitori è necessaria non solo quelli italiani ma anche quelli esteri. L’Italia deve avere la possibilità di essere credibile dal punto di vista finanziario e per avere questo serve stabilità nell’azione di governo ed è quello che stiamo portando avanti”.
Per Arturo Scotto, esponente del Partito Democratico in Commissione Lavoro alla Camera dei deputati, “l’imposizione dei dazi da parte di Trump segna una svolta pericolosa: il declino di un impero può generare instabilità globale e spingere verso la recessione. Di fronte a questa minaccia, l’Europa deve reagire con una nuova politica economica che difenda imprese, lavoro e modelli sociali, puntando sul debito comune, il rafforzamento della manifattura e dell’innovazione, e il sostegno alla domanda interna. Va evitata la trasformazione dell’economia europea in un’economia di guerra e respinta la corsa al riarmo nazionale. Il debito italiano è il risultato dell’austerity: serve una crescita sostenibile fondata su forti investimenti pubblici”.
Nel corso del dibattito, moderato da Anna Maria Belforte, il punto di vista dei professionisti è stato illustrato da Sabatino Broccolini, commercialista e revisore legale Odcec Teramo: “Ripensare l’economia in chiave sostenibile è ormai una necessità, imposta sia dalle linee guida del PNRR sia dagli effetti globali di guerre e caro energia. Per Paesi come l’Italia, gravati da un alto debito pubblico, innovazione e sostenibilità rappresentano una possibile via d’uscita. Di fronte alla sfida dei dazi annunciati da Trump, l’Europa può reagire solo con unità, rafforzando il proprio tessuto produttivo attraverso politiche incisive e mirate.
Le conclusioni sono state affidate a Paolo Longoni, consigliere dell’Istituto nazionale Esperti contabili: “È il momento di avviare una riflessione seria sulla possibilità di trasformare il debito nazionale in debito comune europeo, soprattutto in un contesto di guerra commerciale che minaccia crescita, potere d’acquisto e stabilità. L’Unione Europea, terza economia mondiale, deve reagire in modo coeso per rafforzare il proprio peso politico ed economico. Un debito comune apporterebbe benefici a tutti i Paesi membri. Intanto, la finanza ha superato di gran lunga l’economia reale, che fatica a trovare risorse. Serve un intervento deciso per riportare i mercati finanziari al servizio dell’economia produttiva”.