Un Blitz in piena regola, condotto “dall’integerrimo Sceriffo” negli ultimi giorni di Luglio, con la recondita speranza di passare inosservato, stante la stagione estiva esplosa in tutta la sua calura da record e le preoccupazioni sempre più forti per il fenomeno conseguente della siccità dei nostri territori. Il tutto condito dalla fuga dalle città grandi e piccole dei concittadini campani per le tradizionali e meritate vacanze estive. Un blitz che ha un sapore amaro e che per molti versi rimane intraducibile e assolutamente incomprensibile ai pochi campani che hanno trovato il tempo, tra un bagnetto rinfrescante e una gita ai monti, di appendere questa notizia davvero dirompente e oltremodo preoccupante. Facciamo riferimento alla sua decisione (e della sua Giunta Regionale che si avvia inesorabilmente al capolinea) assunta proprio il 25 Luglio scorso con Deliberazione n° 399 della Regione Campania, di privatizzare la cosiddetta “Grande Adduzione Primaria” che fa capo all’Acquedotto Occidentale della Campania, l’Acquedotto del Torano-Biferno, l’Acquedotto della Normalizzazione e di Cassano Irpino, oltre all’invaso (diga) di Campolattaro e di cederne il 49 % alla Società (privata) Grandi Reti idriche Campane S.p.A. Una scelta a dir poco miope, per non dire scellerata, assunta con la medesima faciltà di un provvedimento autorizzativo di lavori edili per ripristinare una condotta idrica di un metro, danneggiata dal tempo. Una decisione sconcertante che ci priva della piena proprietà, della gestione e tutela di un bene assolutamente primario come l’acqua pubblica. E quale la giustificazione di questo Atto Amministrativo inconsulto? La carenza di fondi della Regione Campania e degli Enti Locali rispetto ad una corretta ed efficace gestione delle acque pubbliche per le esigenze della cittadinanza campana. E cosa potrebbero e dovrebbero investire i partners privati individuati nella Delibera di De Luca per rendere efficiente ed efficace la distribuzione idrica sul territorio della Regione? NULLA!! Almeno nulla si dice degli impegni e degli (eventuali) investimenti diretti della Società privata designata dal nostro Sceriffo. Anzi c’é di più: in una relazione allegata alla Delibera di Giunta si parla di non ben identificati investimenti per oltre 2 milioni di Euro. Ma si chiarisce anche (e soprattutto) che questi interventi finanziari di circa 2 milioni di Euro saranno coperti al 50% da ricavi provenienti dalle tariffe dell’acqua (quindi i costi a carico dei clienti e contribuenti campani) e l’altro 50% da finanziamenti e contributi pubblici.
In tal modo contraddicendosi con la motivazione primaria e fondamentale alla base della scelta della privatizzazione decisa dalla Regione. Vale a dire la carenza assoluta di finanziamenti regionali dedicati alla gestione e manutenzione delle reti idriche in Campania. Se é vero come é vero che De Luca e la sua Giunta si aspettano che lo Stato, oltre ai fruitori del servizio di erogazione dell’acqua (cioè noi cittadini) finanzino gli investimenti necessari. Ma non certo il privato individuato dallo Sceriffo. Una marchetta in piena regola, insomma. O per essere meno cattivi, una “bufala” esagerata lanciata così, in maniera leggera e diremmo anche idiota, per giustificare questa decisione impopolare e politicamente truffaldina.
Noi siamo certi che alla ripresa delle attività, dopo il periodo di vacanze estive, il buon De Luca sarà sommerso di critiche e contestazioni da parte delle forze politiche (auspicabilmente non solo i partiti di opposizione) e dalla gente comune con Associazioni e Comitati, perchè sia ritirata questa folle e contraddittoria decisione della Giunta di Centro Sinistra che governa(?) la Campania.
E ciò andrebbe fatto in Campania proprio perché la nostra Regione é notoriamente quella con le maggiori risorse idriche che provengono prevalentemente dalle zone montuose dell’Irpinia e del Sannio. Acque, tra l’altro, di una qualità e una purezza assolute e riconosciute. E che se esistono criticità esse vanno attribuite solo e soltanto alla cattiva gestione di un comparto fondamentale; alla mancata realizzazione negli anni di reti idriche adeguate e funzionanti; all’assenza di una seria politica di tutela delle risorse idriche, ora più che mai, patrimonio della collettività.