ROMA – “Il Decreto Legislativo in materia di contenzioso tributario, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, contiene diverse misure rispetto alle quali, come associazione sindacale, abbiamo già avuto modo di esprimerci favorevolmente. Ma rispetto alle sentenze semplificate occorre evidenziare forti criticità che potrebbero andare a danno dei contribuenti”. Lo afferma Francesco Cataldi, presidente dell’Unione nazionale giovani dottori commercialisti ed esperti contabili.
“Si tratta – spiega Cataldi – di sentenze che si pongono in netto discrimine con l’esigenza, per i soggetti coinvolti nei giudizi, di vedere un pronunciamento il più possibile esaustivo nei loro confronti. Un pronunciamento adeguatamente motivato potrebbe evitare l’impugnazione e generare un effetto deflattivo del contenzioso. L’introduzione delle sentenze semplificate pertanto non convince, soprattutto se la pronuncia in tale forma risulta legata alla discrezionalità del giudice che in sede cautelare può definire il giudizio magari senza un adeguato contraddittorio processuale, in quanto il contribuente e il suo difensore non si aspettano la definizione del giudizio ma solo la pronuncia sulla richiesta cautelare”.
Francesco Paolo Fabbri, componente della giunta nazionale e delegato al processo tributario, evidenzia che “la norma consente in maniera esplicita che la motivazione della sentenza rinvii a un precedente conforme: circostanza contraria all’attuale assetto processuale in ambito fiscale e che non esclude – anzi in un certo senso legittima – che vengano richiamati indirizzi giurisprudenziali i quali, spesso e volentieri, risultano lesivi della parte a cui viene richiesta la produzione delle “prove diaboliche”, come accade per gli accertamenti sulle società a ristretta base, laddove i contribuenti possono sfuggire alla pretesa di fatto solamente dimostrando di non aver ricevuto le medesime somme accertate”. Il rischio è che “in un sistema caratterizzato dall’urgenza di una specifica preparazione in capo ai giudici, si giunga ad un’accresciuta platea di soggetti che vedono lesi i propri diritti e aspettative; e ciò non solamente sull’oggetto del contendere, bensì anche con riguardo alla stessa sentenza che ne determina le sorti”.
L’auspicio, afferma Federico Giotti, vicepresidente dell’Unione, è dunque che “si possa ripensare all’opportunità di simile forma dei pronunciamenti, intervenendo al più presto eliminando la norma che dà la possibilità di ricorrere a sentenze semplificate di questo tipo. Così da salvaguardare in maniera piena il diritto di difesa per i soggetti che ne hanno interesse, a partire dal contraddittorio e fino ad una decisione che sia “realmente giusta”, sia dal punto di vista formale che sostanziale”.