La banca deve aiutare il vero beneficiario del bonifico a individuare a chi è andato il pagamento eseguito con l’iban sbagliato. Non rientra certo fra gli obblighi dell’istituto di credito controllare sempre che siano corrette le informazioni fornite dall’utente. Sull’intermediario finanziario, tuttavia, grava la responsabilità da “contatto sociale qualificato” nei confronti del beneficiario del bonifico rimasto insoddisfatto a causa dell’indicazione del proprio iban rivelatasi inesatta: la banca deve dunque dimostrare di avere compiuto l’operazione disposta dall’ordinante adottando tutte le cautele necessarie per evitare errori nell’individuare il destinatario del pagamento. O almeno di essersi adoperata per consentirgli di rintracciare chi ha ottenuto l’accredito senza titolo, fornendogli i dati anagrafici o societari: non c’è privacy che tenga, sul punto. È quanto emerge dall’ ordinanza 17415/2024 pubblicata il 25 giugno dalla prima sezione civile della Cassazione. Diventa definitiva la condanna inflitta alla banca: pagherà i 40 mila euro del bonifico al vero beneficiario del pagamento, il fallimento destinatario dell’indennizzo versato dall’assicurazione. La compagnia, però, all’atto pratico indica alla banca il conto corrente sbagliato, acceso presso lo stesso istituto di credito, che poi rifiuta di fornire al fallimento le generalità del terzo che ha ottenuto il pagamento senza titolo. Il vero beneficiario, invece, non ha un conto di accredito presso l’intermediario: non si applica la disciplina specifica di cui all’articolo 24 del decreto legislativo del 27/01/2010, n. 11 ma valgono le regole di diritto comune. E le regole di diligenza e buona fede non impongono all’intermediario di adottare in modo preventivo metodi per individuare l’errore nei dati bancari forniti dall’utente: sarebbe un onere troppo gravoso. Se l’intermediario, al contrario, è consapevole dell’errore e porta a termine l’operazione deve adoperarsi per cercare di recuperare la somma trasferita un beneficiario diverso da quello legittimato e resta esposto al rischio di risarcire l’utente per gli eventuali danni subiti a causa dell’operazione eseguita con l’iban errato. Ad avviso degli Ermellini, infatti, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il motivo è fondato e, al riguardo, rincarano la dose hanno spiegato che il “La banca deve fornire i dati anagrafici e societari: la privacy deve cedere di fronte all’azione di ripetizione della somma indebitamente percepita”.