Si è più volte sottolineato quanto sarebbe importante, per l’Italia e per l’Europa, se nel Mezzogiorno si estraesse più gas, superando veti ambientalisti. Ovviamente, la risorsa energetica non sfruttata nel Sud potrebbe, se si ribaltasse la situazione, contribuire efficacemente a ridurre la dipendenza da altri stati extraeuropei, contenendo drasticamente le tariffe. L’invito  non va assolutamente lasciato cadere nel vuoto, purché sostanziato da due condizioni ineludibili. La prima, naturalmente, è che l’estrazione del gas non determini inquinamento o effetti collaterali dannosi (pratiche come il fracking, ad esempio, secondo diversi studiosi potrebbero provocare malattie per i residenti dei luoghi in questione e finanche microterremoti). La seconda è che non si pensi al Sud solo come a una terra ausiliaria per soddisfare esigenze di altre aree d’Italia e d’Europa. Se il Mezzogiorno, in molteplici forme, deve diventare un hub energetico, bisogna accompagnare tale processo con politiche di attrazione degli investimenti. È verso il Sud e non verso il Nord che bisogna ‘spingere’ per localizzare grandi insediamenti produttivi esteri. Il Mezzogiorno deve raggiungere i livelli del Centro-Nord. Si può fare, se si attuano politiche finalizzate a farne il vero nuovo motore produttivo dell’Italia.