La riprova è giunta con l’ultima elaborazione Istat sull’export italiano nel 2022. Il Mezzogiorno continua a marciare a ritmi ridotti rispetto al resto del Paese. Le esportazioni del Sud sono aumentate del 15,2% se raffrontate al dato 2021, ma questo incremento risulta comunque largamente inferiore a quello riscontrato a livello di media Paese, che si attesta all’incirca sul +20%. La differenza di velocità è tutt’altro che trascurabile, soprattutto se si pensa che il tasso di internazionalizzazione del Meridione è in partenza già di molto inferiore a quello del Paese. Nel Sud, il valore delle esportazioni si aggira ancora intorno al 10% di quello complessivo nazionale. È uno dei principali motivi che spiegano una base produttiva inadeguata a soddisfare l’offerta di lavoro proveniente dal territorio, con conseguente perdurare del fenomeno della migrazione intellettuale di migliaia e migliaia di giovani. Le difficoltà delle imprese meridionali a competere sui mercati globali derivano anche dalla minore dimensione media. Il vecchio motto ‘piccolo è bello’ da tempo non è più condivisibile, quando si parla di aziende e di economia. A maggior ragione, se si guarda alle micro imprese. Per essere performanti, sia sul mercato nazionale, sia ancor più oltre confine, occorre avere struttura adeguata, inclusa la disponibilità negli organigrammi aziendali di professionalità in grado di gestire relazioni commerciali su scala internazionale, di utilizzare le nuove tecnologie e padroneggiare le opportunità concesse da una digitalizzazione sempre più pervasiva. Ma a frenare l’export delle imprese meridionali è anche il divario di infrastrutture e servizi pubblici a supporto delle attività produttive. Gli esempi al riguardo da fare sarebbero innumerevoli. Limitando l’orizzonte di riferimento alle opere pubbliche e alle reti di trasporto, basti pensare alla mancata realizzazione dell’alta velocità su scala nazionale, oppure all’eterno, sempre ‘progettato’ ma mai realizzato, ponte di Messina. Se un’area deve scontare una distanza dai centri possibili di sbocco aggravata dall’insufficienza clamorosa delle linee di trasporto, oltre che dall’arretratezza di materiale rotabile e dalla vetustà dei vettori in circolazione, è evidente che non possa avere standard di vendite all’estero in linea con territori più strutturati. In tal senso, la strumentazione finanziaria disponibile per puntare a una maggiore coesione territoriale costituisce un’opportunità assolutamente da non perdere, se si vuole davvero che anche il Sud, in Italia e all’estero, pervenga a indicatori economici vicino al resto del Paese.