Nella sua relazione annuale il Governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta ha ricordato che, tra il 2008 e il 2022, sono espatriati quasi 525 mila giovani italiani. Si trattava soprattutto di laureati, attratti da retribuzioni ben più elevate di quelle offerte nella Penisola. Di questi giovani, tesoro inestimabile del Paese, sono rientrati non più di un terzo. E la fuga continua. I dati di Almalaurea evidenziano come, a un anno dal titolo, il 4% degli occupati lavori all’estero. A cinque anni dalla laurea, la percentuale è ancora più elevata: 5,5%. Poi ci sono quelli che si preparano a lasciare i confini nazionali. Le anticipazioni di una recentissima indagine Ispos ci dice che il 35% dei nostri under 30 è pronto a emigrare per avere salari più elevati.
“Si parla tanto di salario minimo – esordisce l’economista Gianni Lepre – ma il problema può essere risolto dando sempre maggiore valore alla contrattazione collettiva, come convengono sia associazioni datoriali sia alcune delle principali organizzazioni sindacali”.
Il noto professionista poi continua: “La questione più critica, tuttavia, è quella dei giovani cervelli; da un lato c’è bisogno di una maggiore determinazione da parte delle imprese a investire sul capitale umano qualificato, dall’altra occorrono politiche che supportino le imprese, riducendo gli oneri che gravano sul costo del lavoro. È tempo di dire stop alla fuga delle nostre migliori risorse, e lo possiamo fare solo dando ai nostri giovani le opportunità giuste, con salari all’altezza che permetta loro non solo di soddisfare la propria professionalità, ma anche di poter immaginare di costruire una famiglia” – ha poi concluso Lepre.