Perdonateci, se facciamo come San Tommaso. Finché non vedremo, non potremo constatare, numeri alla mano, che il ‘miracolo’ è avvenuto, faremo fatica a crederci. Ma, intanto, la speranza si è ravvivata! E, nei prossimi giorni, si farà un importante passo verso un traguardo di elementare equità, da anni apparso come irraggiungibile.
Il Vice Ministro dell’Economia Maurizio Leo ha annunciato che, entro al massimo per la seconda decade di settembre, il Dipartimento delle Finanze produrrà uno schema di decreto legislativo per recepire la direttiva europea n. 2523 del 2022, finalizzata a garantire un livello di imposizione fiscale minimo globale per i gruppi multinazionali di imprese. La cosiddetta Global Minimum Tax era stata introdotta in una direttiva europea dopo il basilare accordo Ocse-G20 dell’ottobre del 2021.
Cosa prevede la Global Minimum Tax? Innanzitutto, questo: che le multinazionali con oltre 750 milioni di fatturato debbano versare al fisco almeno il 15% dei proventi incamerati in un determinato Paese. Significa, quindi, che chi attualmente paga di meno dovrà mettersi in regola e che, in parte, questo sarà fatto automaticamente dallo Stato. Ogni Paese, infatti, potrà stabilire il divieto per le multinazionali di utilizzare detrazioni o deduzioni dal reddito per ridurre i profitti su cui calcolare l’imposizione tributaria.
Cosa comporterà questa novità per l’Italia? Secondo le stime provvisorie effettuate, si aggiungeranno ai più o meno 150 milioni (incassati nel 2021) circa 3 miliardi 100 milioni di dollari. E non si tratterà neppure del Paese più beneficiato: per l’Europa i maggiori introiti per il fisco dovrebbero complessivamente raggiungere la bella cifra di una settantina di miliardi di dollari.
Perché quindi manifestare ancora prudenza e non scommettere sulla risoluzione definitiva di una situazione di privilegio assurda, che ha permesso finora ai top player internazionali di pagare pochissimo, anche in un paese come il nostro, i cui contribuenti sono vessati da una della più alte pressioni fiscali del mondo occidentale?
La risposta è nella lentezza amministrativa. Siamo a settembre e il decreto attuativo dovrà essere approvato entro la fine dell’anno. A imporlo sono le intese internazionali e, forse, proprio questa è la garanzia che stavolta l’obiettivo potrebbe essere raggiunto.
Per chi conosce bene la burocrazia e la tortuosità delle procedure normative italiche, non resta che incrociare le dita e confidare nella pur fragile e imperfetta giustizia umana.