Si può essere soddisfatti e contenti per aver pareggiato in dieci minuti, quelli vicino al 90esimo, una partita che perdevi 2-0 contro una neopromossa come il Genoa? Dico di no, perché i minuti della rabbia e dei cambi disperati dettati dalla disperazione di Garcia non possono essere il motivo conduttore del gioco della squadra campione d’Italia. Questo Napoli, il suo Napoli non è nemmeno la brutta copia del Napoli più brutto della scorsa stagione per un motivo semplicissimo: non sembra più una squadra. E i 75 minuti di quello che è sembrato un continuo coito interrotto hanno evidenziato, a mio sommesso avviso, un aspetto ancora più preoccupante per l’ immediato futuro, cioè le responsabilità di Garcia di questo scollamento tecnico e del timore che ha coinvolto tutta la squadra e non solo Elmas e Mario Rui. Vedere più di un’ora di palleggio senza idee e senza un tiro in porta degno di tal nome, sopportare la visione di Osimhen abbandonato a se stesso, ma soprattutto quella di una squadra incapace di fare valere la propria superiorità tecnica nel collettivo e nelle individualità è la sintesi estrema di una serata che merita riflessioni approfondite da parte di chi ha la responsabilità tecnica e una immediata inversione di tendenza. Garcia in questo momento, colpe o non colpe, e’ un tecnico confuso, indeciso e soprattutto poco chiaro nel trasmettere e trasferire i suoi principi di gioco alla squadra. Una squadra che va in campo con un’ idea di gara che non riesce a sviluppare e resta un aborto nella testa e nelle gambe di tutti i giocatori, incapaci e forse frenati psicologicamente di osare una giocata estemporanea, capace di invertire il corso della partita. Il Genoa, diligentemente e senza fare miracoli, ha messo subito in chiaro il tipo di partita che avrebbe fatto per mettere il Napoli in difficoltà e nelle condizioni di sbagliare. E Gilardino c’è riuscito in pieno sfruttando lo scarso equilibrio di un Napoli senza un punto di riferimento a centrocampo, dove tutti devono fare tutto, anche contemporaneamente e senza ordine tattico, e senza copertura, assai spesso, davanti alla difesa. Così Bani prima e Retegui poi hanno certificato non la superiorità del grifone quanto l’ impotenza e l’ incapacità di un gioco concreto del Napoli attuale. Osimhen e Kvara sono l’ emblema di questo smarrimento non solo tattico.Palle giocate pochissimo e male, certezze di appena quattro mesi fa smarrite o…smontate(?). Garcia sta giocando con il fuoco di un vulcano (tifo e presidente NDA) che martedì a Braga potrebbe deflagrare in modo violento se non corre ai ripari. lui per primo si interroghi su cosa non è andato a Genova come contro la Lazio e se le sue “nuove” idee di gioco rispetto al recente passato siano più concrete e vincenti, in linea con gli uomini che ha a disposizione. Il passo falso di Genova, perché questo è stato se non ci fosse stato l’ orgoglio del gruppo, ha fatto scattare l’allarme. Il tecnico Franco spagnolo, se in questo momento non è in grado di gestire emozioni e guida tecnica, si accomodi sul lettino di uno psicanalista e confessi senza timori le sue paure. Secondo noi è lui, senza volerlo, l’ attuale freno a mano della squadra, tatticamente e mentalmente. Lo abbiamo capito in quel quarto d’ora finale quando, non avendo più nulla da perdere, la squadra ha ritrovato ferocia agonistica, voglia e intensità per ribaltare il destino della gara…E lui che ha fatto? Ha sostituito Kvara con Zerbin dopo la paura avuta un attimo prima per un contropiede del Genoa…Il gesto di Kvara all’ uscita dal campo è stato di una chiarezza lampante. A Garcia vogliamo ricordare l’ ennesimo proverbio napoletano: ” chi nun’ tene curaggio nun se po’ cucca’ cu e femmene belle”. E il Napoli è una femmena bellissima. Capito sergente?