Quando ho saputo della scomparsa di Gianfranco Lucariello ero lontano da Napoli. Meglio così, non aver potuto presenziare ai suoi funerali. .. Perché per me Gianfranco non è morto. Impossibile morire per uno come lui che del desiderio ha fatto il motore della sua vita. E questo, per me, non è un coccodrillo ma è un’ emozione che anche grazie a Gianfranco porto dentro. Credo che lui, li abbia soddisfatti quasi tutti i suoi desideri, dalla scalata professionale agli amori e agli affetti della sua vita fino alla capacità di rivedere se stesso dopo la malattia e le sofferenze che hanno accompagnato l’ ultima tappa della sua esistenza. Che per una serie di circostanze ho potuto condividere con lui fino a qualche mese fa, andandolo a prendere sotto casa per partecipare a una della ultime trasmissioni televisive cui ha preso parte o per andare a mangiare una pizza con molti dei suoi amici. Era diverso dal Gianfranco conosciuto a metà anni 80′, più riflessivo, pronto ad ascoltare di quanto non fosse in passato, un po’ narciso, autorevole, consapevole di una sua vis che era energia pura, voglia di divertirsi e divertire amici e/o colleghi con quelle che io paragonavo alle ” supercazzole” di “Amici miei”. Racconti e tiri mancini fatti e poi raccontati ai suoi più intimi che ne hanno testimoniato una vivacità, la voglia di vivere col sorriso anche nelle difficoltà. Come quando per aiutare un collega che avrebbe bucato il servizio rilasciò un’ intervista imitando la voce di un giocatore azzurro, o quando per fare uno scherzo ad un collega gli sostituì una confezione contenente delle mozzarelle ricevute in regalo con un pacco pieno di cartacce e mattoni…salvo chiedergli il giorno dopo, con una faccia tostissima, com’ erano le mozzarelle e sentirsi rispondere un “buone, buone,” frettoloso e arrabbiato. Sul professionista poi, nessun dubbio. Sul pezzo sempre e comunque e sempre pronto a parlarne con i colleghi.Competente e conoscitore di calcio, spesso mi apostrofava sfottente, sapendo del mio tesserino di allenatore: ” Sergio Sturcio come la vedi la partita?”. In campo, con la rappresentativa giornalisti, era il Deus ex machina, il Totonno Juliano della squadra: accentratore al massimo e decisionista. Tant’è che quando i miei muscoli ormai usurati cedevano dopo poco lui si inventò la storia che quando vedevo l’ attaccante che avrei dovuto marcare mi….infortunavo durante il riscaldamento!!.Niente vero, ma lui era bravissimo a raccontarla anche a me. Uno tosto, Insomma, Gianfranco, al quale voglio bene come a un fratello. Una delle ultimissime volte che ci siamo visti, in modo serio mi disse: ” Sergio tu hai raccolto molto meno di quello che hai fatto e meriti”. Lo ringraziai perché, detto da lui, è stato il complimento più bello e vero non solo per gli anni trascorsi insieme a “Il Giornale di Napoli’ dove Antonio Sasso, grandissimo organizzatore, ha lanciato moltissimi talenti. Io, forse, non ero tra quelli avendo scelto anni prima una strada professionale diversa senza avere avuto il coraggio di Gianfranco che puntò su sé stesso per il giornalismo, diventando per il sottoscritto un esempio, sul piano della produzione e della trasparente genuinità intellettuale. So che da qualche parte ci sta aspettando, magari tra una partita e l’ altra, e ci racconterà di qualche “supercazzola” fatta lassù a qualche collega con l’ aureola in capo, con quel sorriso divertito e sfottente che me ne ha fatto di lui un’ icona di vita, non solo di giornalismo.