Il Rapporto Sud di Utilitalia e Svimez diffuso nei giorni scorsi, tra i tanti interessanti dati evidenziati, ne segnala uno meritevole di ancora maggiore attenzione. Era noto come il Mezzogiorno, già attualmente, rappresentasse una parte cospicua della fonte energetica rinnovabile fotovoltaica italiana, il 35%. Il Rapporto sottolinea che questa incidenza è destinata a crescere notevolmente, raggiungendo nel 2030 quota 61%. Ciò favorirà il decollo ulteriore di un settore già in sensibile sviluppo nel Sud, quello delle utility, comprendente le imprese attive nei servizi energetici, ambientali e idrici. Il giro d’affari delle utility meridionali ammonta a 11,5 miliardi, circa il 24% del valore aggiunto del comparto in Italia. Se poi si tiene in considerazione l’intera filiera, il ritorno economico sale a 16,1 miliardi, ovvero al 4,7% del Pil del Mezzogiorno. Le prospettive sono quindi interessanti, ma l’implementazione della capacità meridionale in questa filiera non deve andare a scapito del paesaggio, quanto meno nel senso che l’impatto ambientale dei nuovi impianti (fotovoltaico, ma anche energia eolica e idroelettrica) non può compromettere valori fondamentali come la qualità della vita, o le stesse prospettive di crescita di altri settori, come ad esempio l’industria del turismo. Se il Sud dovrà fungere da hub energetico, non solo per il proprio territorio ma per altre aree d’Italia e d’Europa, così come sembra configurarsi a livello di strategie governative, dovrà diventare centrale anche nelle politiche di sviluppo produttivo. L’industria manifatturiera del Sud deve quindi crescere con i nuovi insediamenti agevolati dalla Zes unica, favorendo l’espansione delle filiere esistenti, dall’aerospazio all’automotive, dall’agroalimentare al chimico-farmaceutico, al tessile e abbigliamento, al turismo e all’impresa creativa e culturale. Andranno inoltre implementati filoni come il biotech e best practice come il polo formativo internazionale napoletano concretizzatosi nel giro di pochi anni a San Giovanni a Teduccio. Il Mezzogiorno deve diventare il nuovo polo produttivo italiano, consolidando una tendenza rimarcata anche nei giorni scorsi dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. È questa la prospettiva entro la quale il territorio meridionale, con le richiamate cautele, potrà assolvere a funzioni certo strategiche, ma non in grado di risolvere da sole il problema di come recuperare in tempi ragionevolmente brevi il divario economico e sociale che lo separa dal resto dello Stivale e dalle aree forti d’Europa.