L’EDITORIALE: E’ trascorsa una settimana dal termine del Festival di Sanremo, ma l’eco della Canzone di Simone Cristicchi é ancora forte e rimbalza tutt’ora dalle trasmissioni televisive alle pagine dei giornali, sui social e in ogni dove. Merito sicuramente della forte tematica sociale e della commozione viva e autentica suscitata nella stragrande maggioranza degli italiani per questa canzone del cantautore romano, così tanto apprezzata ma altrettanto contestata dai soliti denigratori in “servizio permanente effettivo” che profittano di ogni evento, ogni occasione utile per dividere gli italiani in “buoni e cattivi”. Naturalmente anche in questa occasione e soprattutto per la canzone di Cristicchi, apparsa in realtà una poesia struggente che lascia a lungo meditare, piuttosto che un testo musicale da lanciare in una competizione canora, pur se prestigiosa come l’evento sanremese. Cosa ha prodotto la levata di scudi di taluni giornalisti “famosi” e di testate nazionali “autorevoli” (sempre inclini e abitudinariamente predisposti alla polemica che tracima ad arte e strumentalmente nella politica) contro la canzone di Simone Cristicchi? Qualcuno ha immediatamente dichiarato che il testo fosse troppo lezioso e sdolcinato rispetto ad un evento (la malattia della demenza senile) diffuso e ormai noto nelle sue diverse tipologie morbose. Qualcun altro riteneva spropositato e fuor di luogo l’atteggiamento di protezione ossessivo riservato all’ammalato non più in grado di conoscere e riconoscere neppure gli affetti più prossimi. Con ciò valutando l’Alzheimer come una malattia uguale a tante altre e l’ammalato ne più ne meno che una persona ormai al tramonto della vita e perciò stesso uguale ad un altro nelle medesime condizioni di gravità. Si può anche essere d’accordo su questa tesi, ma non si può trascurare il profondo dolore e l’angoscia di quanti assistono questi ammalati, nel vederli spegnere giorno dopo giorno nelle loro relazioni, nelle loro abitudini, nella loro intimità mortificata da un male atroce e ancora clinicamente sconosciuto che stravolge la vita di coloro che son colpiti e più ancora dei loro congiunti inermi e impotenti di fronte ad un simile dramma. Ma il problema vero, autentico e per altro mal celato che ha prodotto tanta polemica su una canzone del Festival non è certamente quello di disquisire su questa o quella malattia. Non è certo l’Alzheimer sul banco degli imputati.  Non è neanche l’atteggiamento di quanti son chiamati ad assistere un malato del genere. C’è da dire, Infatti, che ognuno di noi, nella sua sensibilità personale, nella sua religiosità, nella sua cultura ed educazione si muove e agisce, rispetto a tale problematica, come meglio crede e come coscienza gli suggerisce. E non può esserci giornalista o opinionista in grado di dar suggerimenti o emettere sentenze urbi et orbi. Il vero problema delle “divisioni insanabili” sulla canzone di Cristicchi scaturisce solo e soltanto per la collocazione ideologica del nostro cantautore. E la sua presunta adesione ad un non ben precisato partito riconducibile allo schieramento di centro destra che fa assumere all’autore tematiche conservatrici e reazionarie (?). Reazionarie, conservatrici? E cosa ci “azzecca” con l’Alzheimer o con la pietà di quanti assistono questi malati? Assolutamente nulla! Ma Cristicchi ha un ulteriore problema e una grande macchia ritenuta “indelebile” nella sua storia di uomo e di artista. Cristicchi è l’autore dello spettacolo teatrale “Magazzino 18” dedicato alla tragedia delle Foibe e all’esodo Istriano-Dalmata di milioni di italiani da quelle terre italianissime. Ormai tutti i cittadini di questo Paese, dopo l’approvazione da parte del Parlamento della “Giornata del Ricordo”, sono sufficientemente informati su questa tragica pagina della storia d’Italia. Ma prima dell’anno 2004, cioè prima del riconoscimento della Commemorazione civile e nazionale dei massacri delle Foibe, questa angosciante vicenda di massacri e deportazioni era assolutamente un tabù. Silenziato e nascosto per quasi 60 anni della storia nazionale. Ne stampa, ne informazione televisiva. Ne traccia sui libri di scuola di intere generazioni di studenti italiani.

Sulle Foibe fu registrato l’oblio più profondo, proprio come quelle cavità interminabili delle montagne carsiche, dette appunto foibe, che inghiottirono centinaia di migliaia di uomini e donne, bambini e anziani, civili e militari senza distinzione alcuna. Legati tra loro, ancora vivi, con del filo spinato e poi spinti nel vuoto. Ognuno tirava l’altro all’interno delle cavità senza alcuna possibilità di sottrarsi e di evitare una morte cruenta. Il primo malcapitato in fila all’imboccatura della foiba veniva raggiunto da un colpo d’arma da fuoco alla testa, sparato dai partigiani di Tito e, cadendo esamine, trascinava l’interminabile fila di prigionieri all’interno della foiba. Un rituale macabro. Criminale. Perpetrato con crudeltà senza precedenti contro un popolo intero. Colpevoli solo di essere italiani e di essere originari dei territori di confine dell’Istria e della Dalmazia, della Venezia Giulia e dei territori del Carnaro. Una barbara pulizia etnica che si consumava a guerra finita e che lasciò a quanti riuscirono a salvarsi dalle foibe, l’unico salvacondotto dell’esodo forzato verso il continente italiano. Abbandonando tutto ciò che possedevano nelle mani delle bande armate Iugoslave, per aver salva la vita.  Questa e non altra la “responsabilità” di Simone Cristicchi. Cioè a dire di essere stato quell’uomo, quell’artista che ha avuto il “coraggio e l’ardire” di mettere in scena un’opera teatrale sulla tragedia degli Italiani dell’Istria e della Dalmazia, della Venezia Giulia e del Carnaro. Una storia autentica, senza infingimenti e senza falsità di maniera su fatti e circostanze provate dalla storia e dal sangue versato da tanti nostri connazionali. La storia del loro doloroso esodo e delle privazioni subite anche in Patria, dopo essere stati “accolti” da indesiderati e usurpatori. Dopo essere stati respinti e umiliati in tante regioni italiane al passare dei treni dei profughi increduli. Questa è la storia che Cristicchi ha voluto svelare, facendo dissolvere quella nebbia vergognosa e criminale che ha spento per anni la verità e restituito, solo parzialmente, giustizia e dignità ad un pezzo così importante del popolo italiano.  A noi poco interessa che Cristicchi sia di destra o di sinistra. Ma davvero molto poco. A noi interessa che questo autore così bistrattato e osteggiato da una sinistra incivile e ipocrita continui nel suo percorso artistico senza interruzioni. Che moltiplichi i suoi studi di ricerca storica sul dramma delle foibe senza timori o reticenze. E ciò malgrado gli anni di tutela e di scorta delle forze dell’Ordine che Cristicchi ha subito per le minacce ricevute da ambienti dell’ultrasinistra nostrane. A noi interessa che il cantautore possa continuare a produrre pezzi importanti ed emozionanti come la canzone presentata all’ultima edizione del Festival di Sanremo, senza preoccuparsi dei demolitori di professione che approfittano di ogni occasione per distribuire il loro livore sociale e politico. Attività di cui sono maestri indiscussi.