Buon concorso di pubblico per il vernissage dell’installazione permanente “Pelle d’anime”, elemento centrale del progetto Voliera di Anime ispirato ai temi universali dell’attesa, della spiritualità e della trasformazione, centrali nella poetica kafkiana. L’opera, ideata dall’artista Caterina Ruysch Voltolini e curata da Nicola Ciancio per l’associazione Ex-Voto
Una grande tensione attraversa “Pelle D’anime” di Caterina Ruysch Voltolini, artista Emiliana ospite, quest’anno dell’Associazione Ex-Voto, un omaggio a Franz Kafka nel suo anno celebrativo della morte, dopo il successo dell’opera di Concetta Modica “Il viaggio di un sepalo per diventare stella – ritratto di una notte, la notte di Santa Patrizia”, che ha in sé l’idea di viaggio come esperienza di conoscenza, ma anche di migrazione. L’artista Caterina Voltolini ha trovato una forte connessione tra le anime pezzentelle del Complesso museale Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco, e l’idea del progetto site specific, il luogo dove risiedono quelle anime intrappolate in uno stato di transizione, guardando con speranza e desiderio al cielo in cui vedono il Paradiso, la loro meta finale. L’opera di Caterina Ruysch Voltolini è un invito alla contemplazione, un invito ad osservare noi stessi come soggetti in costante trasformazione. L’opera dialoga con la tensione dell’attesa che contraddistingue la natura di questo luogo, dove le anime attendono di conoscere quale sarà la loro sorte. Nell’installazione le anime diventano bozzoli e farfalle il cui destino è incerto e che, nell’attesa, continuano il loro processo continuo di trasformazione ed il loro viaggio. Nella grande chiesa inferiore del Purgatorio ad Arco, dove tutto è buio e terra, l’artista ha portato la luce. La grande struttura centrale, affiancata da opere apposte sulle mura stesse dell’Ipogeo, rappresenta il luogo di sospensione e purificazione per le anime in viaggio verso la liberazione. Una gabbia, dove le sbarre sono sostituite da pareti translucide retroilluminate, la cui lavorazione, avvenuta con carta velina impregnata d’olio, attaccata e lavorata al plexiglass, evocante rughe e tracce di fuoco, è latrice di un’esperienza sensoriale e simbolica, mentre dialoga con gli interventi pittorici che la circondano. Due elementi centrali accendono il dialogo con il fruitore, che vede la luce muoversi in direzione ascensionale e discensionale, rappresentando il percorso spirituale tra colpa e redenzione e le fiamme dell’iconografia del Purgatorio e della rinascita. Graffi come fiamme, evocati anche dalle mani stesse raffigurate sulle pareti intorno all’installazione, mani in tensione che “cercano” una strada, che si tendono, che pregano, mani che “fanno”, che hanno inciso su una vita, modificato un destino, alleviato o aggravato un dolore, evocative, orfiche, per la creazione di un universo naturale, dal quale l’uomo sembra escluso, quali simbolo del “disincanto”, l’ultima nota per quella mancanza, quel desiderio di Dio, che si fa simbolo di una gioia cosmica, dell’estasi che palpita “ in des Weltatems wehendem All”. Fare in greco si traduce con “poiein” e ha la stessa radice di poesia, quindi, sognare e ricordare con le mani, tramite una tecnica e, con questa, entrare nell’ indicibile. Non il reale immediato, ma l’anima della realtà, attraverso la sua narrazione: questo è e vuole essere oggetto della mimesi, della Voltolini, per la quale si può affermare che lo spazio semantico specifico dell’immaginazione è formato sulla narrazione di ciò che sta dietro quella realtà che si offre, in prima istanza, come racconto-sequenza dell’altra faccia del reale, della dimensione “altra” e unica della vita. Anima mundi, dunque, nel senso platonico o, almeno qui, rinascimentale nelle cose. Sull’altra parete della voliera delle farfalle d’oro, nel loro percorso. In tutte le culture, infatti, la farfalla è stata assunta come segno di rinascita e rigenerazione, come simbolo dell’anima umana capace di rinnovarsi e trasformarsi. Il particolare ciclo vitale della farfalla ha indubbiamente contribuito a tale associazione simbolica: la vita è rappresentata dallo stadio di bruco; la morte dallo stadio di crisalide inerte racchiusa nel bozzolo; la rinascita dalla farfalla che esce dall’involucro e vola via libera, immagine vivente della rinascita dello spirito, dell’anima liberata dall’involucro della materia, che lascia il corpo al momento della morte e diventa immortale.
Simbolo di grazia e bellezza per antonomasia, prima ancora di assumere significati religiosi, la farfalla ricorre nei gioielli dell’Antico Egitto e nelle decorazioni delle tombe egizie dal Vecchio al Nuovo Regno. Pare, infatti, che gli Egizi, che credevano fermamente nella rinascita del defunto in un ‘Al di là’ e consideravano la morte solo una fase transitoria, oltre a porre farfalle in oro dentro alle loro tombe, iniziarono la pratica della mummificazione in seguito all’osservazione della metamorfosi della farfalla: dalla morte apparente nel suo stadio di crisalide alla nuova forma di vita. Il fil rouge con Franz Kafka è di semplice lettura, oltre la metamorfosi, c’è il sogno: la logica qui è quella del tertium al di qua e al di là dell’opposizione dei contrari. Gli spiriti dell’abisso kafkiano si equivalgono con gli angelici portatori di volo. Nei “Sogni” scrive Kafka “La mano che io possiedo per penetrare fino al corpo per portare alla luce il parto coperto di muco e di lordura”, la mano dell’arte, del cambiamento, cercato, voluto, graffiato.