Spesso nella storia dell’arte rinascimentale ci sono vuoti e misteri riguardanti l’identificazione dei soggetti rappresentati nei dipinti. Rimaniamo concreti e non lasciamoci trasportare dalla fantasia, come nel caso delle varie teorie sulla Gioconda, che è certamente Lisa Gherardini e non altre identificazioni prive di fondamento documentario. Tra le opere enigmatiche di Raffaello, La Muta è un esempio perfetto di come l’arte possa nascondere più di quanto ci venga rivelato.

La Muta, dipinto a olio su tavola, è datato al 1507 e conservato nella Galleria Nazionale delle Marche a Urbino. Questo capolavoro rinascimentale ci presenta una donna ritratta con una posa che richiama quella della Gioconda di Leonardo da Vinci. Non è un caso che, in molti, abbiano associato la composizione di Raffaello a quella di Leonardo: entrambe le figure sono caratterizzate da un’aria di tranquillità, mistero e intensità. Oltretutto Raffaello ebbe modo di ispirarsi al collega ed ammirare personalmente l’opera.

Ma chi è la donna che posa in modo così austero? Di lei, purtroppo, sappiamo ben poco, e anche la provenienza e la committenza del dipinto restano un enigma.

La questione sull’identità è ancora oggi irrisolta. La mancanza di documentazione storica certa ha alimentato diverse teorie, senza che una di esse possa essere confermata definitivamente. Alcuni studiosi ritengono che l’opera possa essere stata commissionata a Firenze, durante il soggiorno fiorentino di Raffaello, da una famiglia locale, come gli Strozzi. Tuttavia, non esistono prove documentarie che avvalorino questa ipotesi. Un’altra teoria, più accreditata, suggerisce che la donna ritratta possa essere Giovanna Feltria Della Rovere, figlia di Federico da Montefeltro e moglie di Giovanni della Rovere, che nel 1504 fu una delle principali mecenate di Raffaello. Un’ulteriore ipotesi vuole che il ritratto possa raffigurare Maria della Rovere Varano, figlia di Giovanna Feltria, ma anche questa teoria non ha trovato conferme certe.

Le indagini diagnostiche effettuate nel 1983 hanno rivelato dettagli interessanti, come alcuni “pentimenti” visibili nel dipinto, che suggeriscono modifiche apportate da Raffaello durante il processo creativo. I cambiamenti più evidenti riguardano l’occhio destro della figura, la spalla, il velo e la manica sinistra, ma soprattutto la mano destra, che in un primo momento era disegnata in modo diverso, con il dorso della mano visibile e il pollice destro disteso. Alcuni studiosi suggeriscono che queste modifiche possano essere interpretate come un adattamento alla vedovanza della donna ritratta, poiché il fazzoletto che tiene nella mano sinistra e il colore verde dominante del suo abito sono simboli di lutto. Questa teoria della vedovanza trova supporto anche nel fatto che il cambiamento della composizione potrebbe essere stato un tentativo di rendere la figura più severa e dignitosa, seguendo un aggiornamento stilistico che avrebbe rispecchiato la nuova condizione sociale della donna.

Nonostante le numerose teorie e indagini, il mistero che circonda La Muta rimane. L’assenza di una documentazione chiara e la difficoltà nell’identificazione della figura raffigurata rendono quest’opera un affascinante enigma del Rinascimento. La bellezza del dipinto, la sua composizione raffinata e l’aura di mistero che lo circonda continuano ad alimentare il fascino che l’arte rinascimentale sa trasmettere, invitandoci a riflettere sulle storie non raccontate che si celano dietro ogni pennellata.

In fondo, questo è ciò che rende La Muta ancora più affascinante: il segreto che continua a resistere nel tempo, come il volto misterioso della sua protagonista, che forse ci guarda ancora, in silenzio, dall’interno di quel quadro.