Prima dell’entrata in vigore del nuovo Codice degli appalti (luglio 2023), Giuseppe Busia, Presidente dell’Anac, l’Autorità nazionale anticorruzione, in una relazione al Parlamento, mosse alcuni rilievi critici sull’eliminazione del divieto dei subappalti a cascata. Si ipotizzava il pericolo di eccessive riduzioni di prezzo delle prestazioni, a scapito della qualità e delle condizioni di lavoro degli addetti utilizzati.

I dati Anac recentemente diffusi dal principale quotidiano economico nazionale sul primo anno di vigenza del Codice non sembrano confermare le preoccupazioni espresse da Busia. Al contrario! Tra luglio 2023 e giugno 2024, il numero delle procedure e il valore degli importi, per gli appalti superiori a 40 mila euro, sarebbero crollati rispetto al periodo luglio 2022-giugno 2023. Le procedure di appalto, calate da 291.151 a 263.492; il valore, da 324,23 a 220,53 miliardi. 

Come si evince dal raffronto tra numero delle procedure e valore, l’importo medio degli appalti risulta notevolmente ridotto rispetto all’anno precedente. Non a caso, sono state proprio le opere a far registrare il tonfo maggiore, addirittura il 49% in meno del valore rispetto al periodo precedente, mentre più contenuto è stato il calo di forniture (-22%) e servizi (-24%). A rimetterci le penne è stato anche il Pnrr-Pnc, passato da 64 a 27 miliardi.

Il motivo che pare alla base della forte frenata sta nel maggiore rigore introdotto, con norme più trasparenti e diffusione della digitalizzazione. Insomma, una componente positiva, che sembra evidenziare un effetto opposto a quello che si poteva prevedere se, sulla base di quanto affermato da Busia, vi fosse stato un allentamento dei controlli. L’anno della corsa all’appalto è stato proprio quello precedente, dove si è cercato con tutta probabilità di anticipare il maggior numero di procedure prima che entrasse in vigore il nuovo Codice. Se si raffrontano i dati di questo esordio del Codice con quelli dell’annata luglio 2021-giugno 2022, le differenze sono lievi, anche se sempre in sfavore del risultato più recente.

L’elemento preoccupante riguarda il futuro. L’auspicio è che, dopo un anno di messa a regime, norme e strumentazioni introdotte col nuovo Codice non pregiudichino la corsa contro il tempo che attende l’Italia per spendere, entro la scadenza prevista del 2026, i fondi del Pnrr. È venuto il momento di coniugare rigore e trasparenza con efficacia e rapidità dei risultati. Le tecnologie servono anche a questo. La politica, a ogni livello, faccia in modo che vengano utilizzate in maniera ottimale.